L'Olfatto.

Guido Broich

1993

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Sommario

   
 
 
 
 
 

Riassunto

Tra i sensi che permettono all'uomo di ricevere le informazioni da tutto ciò che lo circonda e senza la cui funzione sarebbe impensabile una qualsiasi forma non solo di vita accettabile, ma lo stesso concetto di intelligenza, i sensi chimici chimici sono da sempre considerati come di minore importanza.

Olfatto e gusto rimangono per lungo tempo ai margini dei maggiori filoni di ricerca neurofisiologica e clinica e invece studiano la vista e l'udito.

 Scarse sono le trattazioni comprensive nel campo dell'olfatto e l'interesse scientifico per tale argomento è rimasto confinato a ridotti settori di ricercatori.

Oggi tale situazione comincia a cambiare, nascono centri dedicati specificamente allo studio delle modalita' sensoriali chimiche e i primi risultati di queste richerche sono visibili anche in campo clinico.

 Questo è dovuto anche e specialmente in seguito al modificato concetto di salute e di benessere.

 La scoperta di deficit olfattivi in alcune malattie oggi centro di grande interesse come le patologie neurodegenerative tra cui la malattia di Alzheimer e lo stesso invecchiamento, e la sempre maggiore incidenza di anosmie postrtraumatiche sono stati certamente di aiuto nello risvegliare il maggiore interesse.

 A questo si aggiunge poi un diverso modo di concepire la salute dell'uomo. Non ci accontentiamo pi- della mera assenza di malattia, ma vogliamo avventurarci in un campo assai pi- complesso, come la considerazione in campo scientifico medico anche di concetti cos poco classificabili come il benessere, il valore edonistico delle sensazioni e l'impatto intellettuale e sociale dei fenomeni.

Aumenta pertanto la consapevolezza, anche da parte dei pazienti, del ruolo che ha nella loro vita l'olfatto. In seguito di questo possiamo vedere anche un sempre maggiore interesse medico-legale nel campo dello studio dei sensi chimici, sia per esiti di lesioni personali, sia per quanto riguardo l'inquinamento olfattivo dell'ambiente.

Infine sono sempre maggiori le richieste di spiegazioni che ci vengono rivolte da studiosi del comportamento animale ed umano, il ruolo dell'olfatto nella sessualità apre una porta dietro la quale ci è appena possibile intravvedere correlazioni e sviluppi la cui portata non è nemmeno immaginabile.

 Nella presente esposizione si è cercato di porre una prima pietra nel cammino dell'inquadramento generale del senso dell'olfatto in tale senso.

 Si è pertanto proceduto ad esporre, dopo alcune brevi considerazioni di interesse generale, il ruolo nella storia del costume e della mitologia dell'uomo della funzione olfattiva, tenendo sempre in mente una finalità di inquadramento generale del rapporto uomo-olfatto e non solo tecnica medica specialistica.

 A questo fa seguito una analisi di quanto ci è noto sulla biologia e clinica del senso dell'olfatto. A tale fine si è ritenuto utile far precedere la discussione della problematica in campo umano da considerazione brevi di anatomia comparata, con una esposizione dello sviluppo filogenetico del senso chimico in oggetto.

La natura, nel suo procedere continuo e attento, non compie salti, non conosce fenomeni di discontinuità, ma ogni soluzione di un problema poggia sull'insieme delle soluzioni precedenti. Solo una comprensione della evoluzione del senso dell'olfatto potrà permetterci ci comprendere non solo la biologia e la clinica del senso stesso, ma avvicinarci anche all'analisi delle interazioni che tale arcaico senso ha con i sistemi della formazione dell'umore, della sessualità e del benessere in generale.

 Il capitolo della filogenesi potrà cos forse apparire ad alcuni soprendentemente articolato, ma come è possibile intendere le correlazioni tra imprinting olfattivo, memoria olfattiva e il suo ruolo nella cenestesi dell'uomo, senza sapere cos'è veramente il ruolo dell'organo di Jacobson e delle funzioni olfattorie accessorie, cos poi troveremo cos egregiamente nel bulbo olfattivo principale nell'uomo!

 Dopo un breve squardo sulla ontogenesi dell'organo dell'olfatto nell'uomo, descriveremo poi l'anatomia e la fisiologia dei questo senso.

Un pi- nutrito capitolo dedicato alla patologia ci darà poi indicazioni sulle conoscenze odierne del ruolo della funzione olfattiva in svariate forme morbose, con particolare attenzione al morbo di Parkinson, alla sindrome di Alzheimer ed alla sindrome di Kallmann, con l'apporto di risultati recenti di proprie ricerche.

 Un capitolo sulla olfattometria chiuderà la sezione dedicata alla clinica. Questo si è reso opportuno a causa dei recenti sviluppi che si sono avuti nelle tecniche di misurazione della sensazione olfattiva.

 Uno dei maggiori ostacoli nello studio dell'olfatto nell'uomo è infatti da sempre costituito dalla estrema difficoltà ad oggettivarne la funzione. Molto si è obbiettato alla riproducibilità e credibilità degli esami soggettivi, e tra i vari test obbiettivi proposti, pochi hanno potuto dimostrarsi utili al di fuori del laboratorio del proprio inventore.

 Solo recentemente, e, bisogna ammetterlo, in gran parte sotto la spinta della richiesta medico-legale che vede coinvolti interessi economici non secondari, si è avuto una ripresa della ricerca in tale senso con lo sviluppo di test soggettivi pi- affidabili e sottoposti a valutazione statistica che permette di introdurre un fattore obbiettivo di giudizio di attendibilità.

A questo si affianca la ricerca intorno ai potenziali evocati olfattivi, che hanno finalmente prodotto risultati validi ed efficaci. A questo punto saranno riportati oltre ai dati dalla letteratura i risultati di ricerche personali.

 Solo la utilizzabilità clinica di sistemi di misurazione del senso dell'olfatto infatti può aiutare di uscire i sensi chimici dal semioblo, fugando finalmente le mille opinioni inesatte e ponendo un limite ad una certa faciloneria e superficialità con cui - bisogna onestamente ammetterlo - troppi di noi medici, anche specialisti otoiatri, si avvicinano a questo campo, in cui tutto sembra congelato da decenni e la cui già abbastanza vasta pubblicistica rimane confinata a pochi cultori della materia.

 Proprio il riconoscere che spesso il campo dello studio dei sensi chimici viene ritenuto povero di dati pubblicati ha consigliato una attenta documentazione con una ricerca bibliografica tale da poter essere d'aiuto alle eventuali richieste di approfondimento da parte del lettore.

 Nella seconda parte affronteremo il problema delle correlazioni comportamentali e del ruolo sociale dell'olfatto, con una particolare attenzione del ruolo nella riproduzione, nelle relazioni sociali e nei suoi effetti generali sul comportamento umano.

Alcune brevi considerazioni sul ruolo tra ambiente, inquinamento olfattivo e uomo concluderanno la trattazione. Tale campo, che in gran parte spazia fuori dal campo medico propriamente detto, necessita di maggiore approfondimento e di essere ricondotto ad una visione tecnica ed unitaria. Troppe competenze si dividono oggi questi problemi, spesso senza alcuna connessione tra di loro.

 La maggiore possiblità in campo medico di avvicinarsi e studiare l'olfatto anche nel sano, ripropone una discussione di questi problemi su basi scientifiche.

 Il fastidio che le emanazioni di una discarica o di una fogna malgestita possono arrecare insegnano presto anche al pi- incredulo che si tratta di un problema reale ed importante per chiunque voglia avvicinarsi al problema del benessere generale dell'uomo.

Alcune figure dovrebbero aiutare la comprensione delle strutture anatomiche e specialmente la morfologia di organi sensoriali difficilmente reperibili per il medico, come quelli degli insetti. Vale la pena sottolineare la grande similitudine che tali strutture hanno tra di loro e la sostanziale conservazione che avviene nella filogenesi.

 Anche se sono molteplici i modi di alloggiare i recettori olfattivi, si nota che le cellule neurorecettoriali rimangono molto simili morfologicamente ed è simgolare la precoce ricerca di creare una cavità aerea in cui la sostanza olfattiva può sostare per un sufficiente tempo per venire a contatto con i recettori stessi.

 Chiude la trattazione una bibliografia che si spera sufficientemente approfondita per permettere un ulteriore studio della materia.
 
 

Introduzione

I sensi sono la porta dell'Io verso il mondo, sono la via per la quale l'Esterno ci raggiunge e dialoga con noi. Tradizionalmente vengono divisi in vista, udito, tatto, gusto ed olfatto. Il contenuto edonistico delle sensazioni veicolate dai sensi chimici olfatto e gusto è noto da sempre e anche se solo ora stiamo scoprendo le basi neurofisiologiche che regolano le intime connessioni tra la sensazione olfattiva e la sfera delle emozioni, dell'istinto e del comportamento in genere, già nell'antichità ne era ben nota la valenza. L'uso dei profumi si perde nella notte dei tempi nel suo uso sia sacro che profano. Gli odori ed i gusti sono fondamentali per il benessere umano, e non vi è racconto, novella o pezzo di teatro in cui non vengano rievocati. La proteomorficità, la carica emotiva e la difficoltà di studio, hanno però relegato i sensi chimici in un secondo piano nello studio delle modalità sensoriali. Ove udito, vista e tatto sono da tempo terreno fertile di studio, olfatto e gusto hanno condotto una vita ai margini dell'interesse scientifico e clinico fino ai tempi recenti. Da alcuni anni questa situazione sta cambiando, e gran parte è dovuta proprio alla spinta che ci proviene da studi sul comportamento animale e dallo studio della funzione riproduttiva, cos intimamente connessi con i sensi chimici.

La funzione olfattiva occupa una posizione assai insolita nell'uomo. Da una parte è il senso pi- antico, paleoencefalico. Il bulbo olfattivo e le sue terminazioni centrali raggiungono non già aree di intellezione specifiche telencefaliche corticali, ma finiscono tra e si mescolano con i neuroni dell'ipotalamo e del lobo limbico.

 Considerato poco attivo nell'uomo, l'olfatto viene considerato come il classico parente povero nella famiglia dei sensi, dominata com'è cos egregiamente dal tatto, dalla vista e dall'udito. Dall'altra parte appare sempre pi- chiaro che una grande parte delle nostre reazioni inconscie, siano esse di piacere o di repulsione, di sensazione generale di benessere o di imminente danno, traggono origine da stimoli olfattivi.

 Anche se all'uomo della fine del secondo millennio, cos immerso nella sua visione tecnicista del mondo e alieno da ogni legame con le sue origini animali, questo fenomeno è di spiacevole cognizione, non è possibile negare l'influsso che gli odori hanno sul nostro modo di pensare, di essere e di vivere la vita.

 Ove la vista di un oggetto ci informa della sua armonia spaziale e ci insegna i suoi rapporti interni ed esterni, solo gli odori lo riempiono di vita e ci parlano di esso come di un qualcosa con cui è possibile stabilire un rapporto diretto, extraintellettuale, di affetto o di odio, di piacere o di repulsione. Con gli odori troviamo il compimento pi- alto della comunicazione extraintellettiva.

 Ove la vista parla alla nostra mente analitica, l'olfatto rimane sempre il massimo messaggero della nostra intelligenza arcaica, sintetica.

 E qui tocchiamo di nuovo con mano le ragioni del difficile rapporto che abbiamo oggi con l'olfatto: radicato nella visione organicista sulla quale si basa la scienza moderna, l'uomo moderno non ama riconoscere che piacere e repulsione non derivino soltanto da un processo intellettuale analitico, ma si basano pi- spesso e pi- compiutamente su meccanismi le cui vie passano per il subconscio, per la parte pi- "animale" del cervello, per vie e meandri spesso ignoti alla coscienza e pertanto governabili solo in parte.

 Il valore estetico ed edonistico dell'odore è meno diretto, meno "sfacciato" di quello della vista, ma agisce pi- in profondità. La "sensazione di Bello" trasmessaci da una statua vive con la visione, anche nel ricordo è sempre la sua vista, seppur ormai immaginaria, a condizionarci. Già i suoni agiscono in modo meno diretto.

 La musica ci parla in mille modi ignoti alla coscienza analitica, afferendo a quella arcaica intelligenza sintetica a cui oggi si guarda con sospetto e malignita' Con gli odori troviamo il compimento pi- alto della comunicazione extraintellettiva. Ciò che noi "capiamo" dell'odore è solo una minima parte del bagaglio di messaggi che esso ci reca.

 Ad esempio in una giornata uggiosa, triste vediamo un fiore e ne sentiamo l'odore riconoscendolo e catalogandolo. E poi, come d'incanto e senza altra ragione, istintivamente e senza rendercene bene conto, sentiamo in noi crescere una sensazione di contentezza, di tranquillità e di pace con il mondo.

 Viceversa se sentiamo un odore acre e pungente, riconoscendo la carne putrefatta, dopo un breve tempo ci prende una angoscia inspiegabile e pensieri di morte e di transitorietà della vita ci avvelenano la magari bella giornata di primavera. A chi non sono successe simili disavventure!

 Ove la vista parla alla nostra mente analitica, l'olfatto rimane sempre il massimo messaggero della nostra intelligenza arcaica, sintetica. E - chissa con quale dispiacere di coloro che negano all'uomo le sue origini - è evidente subito che ove la prima vince le battaglie della coscienza, la seconda trionfa alla fine nella guerra della vita.

 Volendo addentrarci nella ricerca di una spiegazione di questi fenomeni, per poi giungere ad un inquadramento dell'olfatto nell'insieme della visione estetica ed armonica della vita umana tentando di comprendere le sue relazioni con l'ambiente ed anche con se stesso, dobbiamo seguire tre tappe fondamentali.

 In primo luogo dobbiamo analizzare lo sviluppo della chemocezione nella differenziazione ed evoluzione animale fino all'uomo. In secondo luogo, vedremo come tale senso si trova rappresentato nella situazione anatomofisologica del primate maggiore moderno. Infine studieremo le interrelazioni che l'olfatto stabilisce tra l'uomo ed il suo mondo e tra l'uomo e se stesso.

 Del resto in questa breve trattazione non è certo possibile una completa trattazione dell'argomento "olfatto". Si è cercato piuttosto di esporre i concetti di base di ogni argomento, dando le nozioni fondamentali necessarie ad un ulteriore approfondimento che chi legge potrà poi eseguire nel campo specifico del suo maggiore interesse.

 A tal fine è stata curata una ampia bibliografia comprendente le maggiori pubblicazioni su riviste internazionali ed aggiornata, specialmente nei capitoli pi- prettamente tecnici della neurofisiopatologia, fino alla prima metà del 1994. Come in ogni campo comunque gli scritti sono innumerevoli, per cui questa bibliografia rimane pur sempre una rassegna incompleta.

 La scelta è stata fatta in base anche alle riviste ed ai veicoli pubblicistici in genere su cui sono apparsi i lavori, una eventuale esclusione non vuole essere pertanto in nessun modo un giudizio di merito, ma va ricondotto o ad una mia svista o alla circolazione solo nazionale delle riviste. Sarò grato a chiunque voglia arricchire la mia raccolta bibliografica con estratti dei propri lavori in merito.

L'Olfatto nella storia e nel patrimonio culturale dei popoli

Non è possibile porre un punto d'inizio al rapporto dell'uomo con gli odori. Si perdono nella notte dei tempi i ricordi del primo profumo usato, della prima volta che l'uomo estrae, distilla, raccoglie una sostanza al solo fine di sfruttarne il potere odoroso.

 Non vi è cultura, razza o trib- che non riferisca nelle sue memorie, scritte o cantate che siano, storie di profumi dalle proprietà miracolose, fonti di grandi amori e grandi guarigioni. E' degno di nota che tale presenza del profumo come costante etnica non conosce preferenze di stadio e di evoluzione, ma è presente nel mondo sciamanico come nelle grandi religioni.

 Non esiste descrizione di una terra della vita futura, che non menzioni la presenza di profumi deliziosi, quando l'inferno di turno è, oltre che buio, sempre ricettacolo di olezzi propriamente detti "infernali".

 Cosa sarebbe un inferno, senza l'odore di zolfo del diavolo che lo abita! La "Genesi" ci racconta del paradiso in cui che oltre a fiumi, oro e pietre preziose si trova l'ambra odorosa(1) e la descrizione della creazione della natura vegetale evoca profumi e fiori.

 La "Apocalisse" ci regala tra altri un passo con una descrizione colorata del ruolo degli odori che vale la pena trascrivere integralmente: "Quando l'Agnello apr il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz'ora. Vidi che ai sette angeli ritti davanti a Dio furono date sette trombe. Poi venne un'altro angelo e si fermò all'altare, reggendo un incensiere d'oro. Gli furono dati molti profumi perchè li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull'altare d'oro, posto davanti al trono. E dalla mano dell'angelo il fumo degli aromi sal davanti a Dio, insieme con le preghiere dei santi. Poi l'angelo prese l'incensiere, lo riemp di fuoco preso dall'altare e lo gettò sulla terra: ne seguirono scoppi di tuono, clamori, fulmini e scosse di terremoto"(2).

 Si noti come in un commento a questo passo P.Vannetti, S.I., dice: "L'altare è quello dei profumi nel santuario ebraico; l'incensiere d'oro è il turibolo o la paletta che serviva per trasportare le braci dall'altare degli olocausti su quello dei profumi"(3).

 E se quanto offerto a Dio richiama gli odori, gli stessi doni dei fedeli, per aiutare la diffusione della fede, "sono un profumo di soave odore, un sacrificio accetto e gradito a Dio"(4).

 Che i sensi chimici sono pi- vicini alle espressioni del cuore delle altre modalità sensoriali, lo documenta anche la scelta della metafora da parte di San Pietro "bramate il puro latte spirituale (à) avete già gustato come è buono il Signore"(5) per esprimere il desiderio di perfezione.

 Lo stesso sacrificio arcaico che contrappone il rito offertorio tramite l'olocausto di Abramo a quello evocatorio sacerdotale e regale di Melchisedec richiama queste immagini di fumi ed odori che salgono verso Dio.

 Al neonato bambino Ges- i Re Magi nel loro simbolico rito di ossequio delle forze del mondo portano oro, mirra e incenso(6) come massimi segni del potere terreno e trascendentale, ove per quest'ultimo troviamo la sostanza odorosa sacra per antonomasia.

 Il "Corano", altro libro derivante dalla tradizione giudaica, ricco di descrizioni paradisiache tanto fiorite da essere note ben oltre l'area di influenza dell'Islam, in cui oltre al solito immaginario maschile pieno di leggiadre fanciulle caratterizzate da una disponibilità che rasenterebbe l'essere sconveniente in terra, troviamo l'immagine ed il profumo di "loto senza spine" e di vino che non fa perdere la ragione(7).

 E' degno di nota che nell'immaginario popolare i profumo sono spesso associati a operazioni magiche.

 Nei racconti delle "Mille e una notte" troviamo il mago che si serve delle virt- magiche dei profumi gettati sopra il fuoco(8) per aprire porte segrete. La stessa immagine, sempre collegata con porte verso tesori segreti, è ripresa poco dopo nello stesso testo(9).

 L'odore ha sempre svolto un ruolo importante nel misticismo e nell'estasi, fino a parlare di "odori perversi" e "l'odore del peccato", per poter distinguere le cause naturali da quelle soprannaturali degli odori"(10).

 Ma non è tutto qui. Se varchiamo la soglia della tradizione giudaico-cristiana per entrare in quella indoeuropea, troviamo un fiorire di descrizioni a dir poco sorprendente.

 Se invana resta la ricerca di descrizioni di profumi e delizie nell'Edda e persino la descrizione delle Asinnie, le donne degli Asi, in cui qualche nastro d'oro ingentilisce l'immagine delle altrimenti assai dure e vendicative Dee, rifugge da descrizioni di odori e profumi(11), la tradizione omerica ci racconta delle profumate membra delle dee.

 E' interessante osservare che quando Esiodo descrive la nascita di Afrodite Citerea non vi sono descrizioni di profumi. Il primo punto ove viene menzionato l'odore è nella discussione tra Zeus e Prometeo: "è da allora che agli immortali la stirpe degli uomini sulla terra brucia ossa bianche sugli altari odorosi"(12).

 Con Prometeo si realizza nella immagine mitologica la lotta per una autonomia dell'uomo dagli Dei.

 Da creature prive di capacità decisionale propria, gli uomini diventano compartecipi del proprio destino, per dirlo con le parole del Dio della Bibbia, "Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male."(13).

 E proprio la nascita dell'uomo come entita autonoma, la "ribellione" gnostica, fa sottolineare per la prima volta l'importanza degli odori. Alle nozze di Psiche "Bacco serviva gli altri Dei; Vulcano cuoceva il pranzo; le Ore abbellivano ogni angolo con rose ed ogni sorta di fiori; le Grazie spargevano profumi e le Muse facevano echeggiare la loro voce armoniosa"(14). Si noti che in questo "Gratiae spargebant balsama" è proprio la parola 'balsama' che giustamente traduce in odori e profumi balsamici, aprendo la porta verso tutto un mondo di unguenti profumati, di valenza ora edonistica, ora medicale e terapeutica.

 Venere stessa viene chiamata in causa quando Virgilio ci dice che "il suo collo brilla con lo splendore di una rosa; dall'alto della sua testa i capelli profumati d'ambrosia esalano un profumo divino"(15).

 La patria originale dei miti indoeuropei, l'India, ci subissa di immagini fiorite e l'uso dei profumi vi diventa sacro rituale.

 Non vi è tempio in cui non venga reso onore agli Dei col tramite di bastoncini di incenso ed altri aromi, liberati dai mille petali sparsi davanti alle statue.

 Anche la riforma buddhista, cos aliena dai piaceri terreni, non tocca questo uso di profumi, fiori ed essenze necessarie per ungere le statue e rendere omaggio agli Dei. Lo stesso Buddha viene paragonato ad un profumo: "à ma molti anche si mettono senz'altro in cammino per cercare il saggio, il salvatore, cos percorse la terra quella leggenda, diffonendosi come un profumo, la leggenda di Gotama, il Buddha, à"(16).

 Nella descrizione del giudizio dell'anima dopo la morte la visione della religione zaraustriana descrive le esperienze dell'anima beata: "E quando l'anima si allontana di l, allora una brezza fragrante si solleva verso di lei, pi-- fragrante di ogni profumo. Allora l'anima di colui che si salva chiede a Srosh: 'Che brezza è questa, la cui fragranza è tale che mai sulla terra ne sentii una uguale?'. Allora il beato Srosh risponde all'anima del salvato e dice: 'Questa è una brezza dal paradiso; per questo è cos fragrante.'"(17)

Quanto il profumo balsamico comunque rappresenti l'essenza del senso del benessere viene magistralmente descritto nel passo della Nausikaa di Goethe: "Ein weiáer Glanz ruht ber Land un Meer / und duftend schwebt der Aether ohne Wolken"(18)[Un bianco chiarore riposa sulla terra e sul mare e profumato è sospeso l'etere privo di nubi], inspirato all'autore dalla generosa natura di Sicilia(19).

 Con tutte queste immagini angeliche non va dimenticato che comunque anche nel negativo l'odore è carico di simbolismo e un comune detto tedesco recita "Das stinkt zum Himmel" [questo puzza fino al cielo] per indicare un fatto negativo particolarmente incisivo, una grande truffa, per non parlare dei ben noti "odori infernali".

 Da sempre poi il profumo viene associato alle attività sessuali. Se è vero che l'emissione di odori acri e sgradevoli non giova di certo alla vicinanza sociale, e che la loro rimozione è necessaria anche solo per poter pensare al successo di una impresa di conquista gentile, è meno immediato capire l'uso di odori estranei alla persona nel tentativo di aumentarne le facoltà attrattive.

 E' vero che il dilagare dell'uso dei profumi nella Francia del Re Sole era dovuto in gran parte alla necessità di prendere contromisure per gli effetti della non certo lodevole astinenza dalle abluzioni che caratterizzava quell'epoca.

 Mi si permetta qui raccontare come aneddoto che ancora alla fine dell'ottocento all'ingresso dei migliori locali pubblici parigini si poteva trovare delle macchinette dispensa-profumi. Era fatto obbligo a chiunque entrasse, utlizzare tali macchine, che in seguito all'introduzione di una moneta dispensavano una benefica e benaugurale nuvola di profumo.

 Con buona pace dei Cartier e Dior comunque i profumi erano in uso in tutti i paesi e se ne annoverano maestri eccellenti alla corti italiane anche prima che se ne fece un commercio internazionale.

 E come si sà alle corti rinascimentali la "pruderie" è sempre stata pi- professata che esercitata e l'uso di profumi si rivolgeva direttamente a scopi pi- precisi e si presume soddisfacenti, data l'energia profusa nella ricerca di sempre nuove essenze.

Possiamo divedere i motivi dell'uso dei profumi nelle seguenti categorie:

 1- aumentare la propria gradevolezza generale

 2- esercitare un effetto diretto sull'altra persona, stimolandone l'appetito sessuale ed indirizzandolo opportunamente verso l'interessato.

Associare il profumo e le belle ragazze viene a dir poco spontaneo, e chi tra gli appellativi dell'amata e desiderata creatura non vi riserva un posto d'onore!

 Un misterioso compagno di viaggio indiano racconta di immagini di leggiadre fanciulle popolanti un palazzo costruito da Mahmud Shah II duecentocinquanta anni prima e ne descrive la scomparsa con le parole "Come un profumo svaporato al vento s'erano dissolte a un lieve soffio di brezza"(20).

 L'immaginario sessuale di tutti i popoli trova negli odori e nei profumi un capitolo essenziale e straordinariamente fertile.

 Prima però di addentrarci in questi argomenti ed analizzare i complessi rapporti tra olfatto, psiche e vita sociale, è necessario gettare uno sguardo sulla anatomia e fisiologia del senso dell'olfatto.
 
 

Biologia e Clinica

Filogenesi

Concetti generali

La chemocezione è stata divisa in due gruppi separati, il gusto e l'olfatto(21) (22). Tale divisione trova la sua ragione sia nella diversa localizzazione dei suoi recettori e nella divisione netta delle vie nervose che trasmettono i segnali nei mammiferi, sia nel diverso stato fisico in cui si trovano le sostanze stimolanti.

 Se l'olfatto è predisposto alla ricezione di sostanze allo stato gassoso, il gusto riceve gli stimoli di sostanze allo stato liquido. Se analizziamo tale ultima differenza, diventa comunque subito evidente che essa è preminentemente artificiale.

 In primis, solo l'uscita dall'acqua sulla terraferma dei primi anfibi ha permesso la costituzione di una cavità olfattoria ricolma di aria. Nei pesci esiste l'organo olfattorio che agisce come una cavità di passaggio dell'acqua e le cui cellule recettoriali, del tutto analoghe a quelle dei mammiferi terrestri, rispondono alle sostanze disciolte in essa.

 Del resto anche negli animali terrestri la sostanza gassosa, per essere in grado di stimolare i recettori olfattivi, deve prima sciogliersi nello strato mucoso sovrastante l'epitelio olfattorio recettoriale, ricreando un microambiente del tutto simile a quello originale marino.

 Una sostanza insolubile non può avere valenza olfattiva, anche se è in stato gassoso.

 L'olfatto si presenta cos come una specializzazione della chemocezione originale, adattata all'ambiente aereo in cui vive l'uomo. La differenziazione originaria tra olfatto e gusto sulla base dello stato chimico dello stimolante è pertanto del tutto arbitraria e anche negli insetti tale distinzione, anche se proposta(23) (24), non corrisponde a precise differenze anatomofunzionali.

 Ed il gusto nell'uomo? La sua fisiologia è del tutto differente: in esso si riconoscono solo le quattro modalità fondamentali di salatao, dolce, amaro ed acido. Del resto una sostanza gassosa che è capace di sciogliersi in quantità sufficiente nella saliva, è capace di stimolare i recettori gustativi.

 Vediamo pertanto che lo stato fisico della sostanza stimolante è del tutto secondario quando emerge invece una profonda differenza anatomica e filogenetica.

 Il gusto si avvale di fibre autonome, viaggianti nel VII, IX e X nervo cranico e che raggiungono attraverso un discreto nucleo gustatorio, detto di Nageotte, una precisa area corticale, contenuta nella zona della recezione tattile della lingua (Fig.1).

 Tale trasmissione appare in parte filogeneticamente collegata con lo sviluppo del nervo VIII, tanto che sono state descritte sensazioni vertiginose in seguito alla stimolazione elettrica del moncone prossimale di una chorda tympani sezionata nell'uomo sveglio(25).

 Tutto questo si differenzia in modo evidente dall'olfatto. Del resto va detto che la maggior parte di quanto costituisce la sensazione del gusto indotta dai cibi, è in realtà da riferirsi all'olfatto.

 Tutti abbiamo avuto occasione di sperimentare in prima persona che durante una occlusione delle cavità nasali dovuta ad un banale raffreddore, che impedisce l'arrivo delle molecole attive alla mucosa olfattiva, tutti i cibi perdono di gusto, anzi, sono praticamente privi di caratteristiche proprie, tanto che la carne ed i cavoli appaiono simili al palato.

 Solo stimolazioni molto forti e precise, come l'acido e l'amaro ed in minor misura il dolce ed il salato riescono ancora ad essere percepiti. A questo si aggiunge la componente irritante, che stimola i recettori tattili e dolorifici del trigemino (p.e. la capsaicina contenuta nel peperoncino).

 Se ne deduce che la stragrande maggioranza delle informazioni sensoriali che caratterizzano il cibo e che vengono attribuite al gusto, raggiungono invece la coscienza attraverso le proprie componenti volatili che stimolano la mucosa olfattiva sotto la forma di aroma.

 Possiamo pertanto riconoscere nell'olfatto il senso chemocettore fondamentale e originale, che estende il suo influsso ben oltre a quanto ci si aspetterebbe normalmente.

 Ma a questo punto è utile gettare uno sguardo sulla funzione olfattiva nel regno animale e sul suo sviluppo attraverso le specie.[PGB2]
 
 

Animali inferiori

La chemocezione è il primo modo strutturato di un organismo vivente per interagire con l'ambiente. Caldo, freddo e pressione osmotica agiscono direttamente sulle cellule, provocando equilibri fisici diretti.

 Le sostanze chimiche invece vengono riconosciute già dall'organismo unicellulare con finalita' precise. L'organismo unicellulare orienta il proprio moto secondo gradienti di concentrazione di specifiche sostanze chimiche nel fenomeno della chemiotassi. Esso inoltre ingloba altre sostanze e dopo averle riconosciute le utilizza come cibo o le attacca come nemiche della propria integrità.

 La chemocezione nasce con la vita stessa, non esistono organismi dotati di vita autonoma tanto poco differenziati da non disporre di un modo o l'altro di percepire e distinguere differenti molecole, reagendo in modo diverso a ciascuna di esse.

 Negli organismi unicellulari troviamo come espressione della chemocezione la chemiotassi, presente sia negli organismi unicellulari autonomi, sia in cellule specializzate degli animali superiori, come nell'uomo.

Esistono capacità chemocettrici nei coelenterati e molluschi, in grado di reagire sia alla presenza di cibo che di molecole segnalanti un pericolo e possibile danno.
 
 

Insetti

La capacità di ricevere stimoli da sostanze chimiche è dimostrabile ben presto nella scala zoologica. Negli insetti le modalità sensoriali olfattive e gustative sono generalmente ben sviluppate(26) (27) (28) (29) (30)(31) , anche se le strutture degli organi che albergano le cellule recettoriali sono spesso assai diverse di quelle trovate nei vertebrati, trovando posto su appositi sensilli.

 Le cellule recettoriali sono tipicamente bipolari, con un dendrite sensoriale generalmente in contatto direttamente con l'atmosfera esterna ed un assone centrale, mostrando pertanto una struttura base simile a quella dei vertebrati.

 E' stata dimostrata una elevata attività ATPasica Ca2+ e Mg2+ dipendente nelle cellule recettoriali dei sensilli, mentre a differenza di quanto è dimostrato nel mammifero(32), l'acetilcolina non sembra coinvolta nella trasmissione centrale dello stimolo(33).

 Le molecole capaci di stimolare i recettori olfattivi negli insetti sono molteplici ed una loro classificazione chimica è tuttora incompleta. Sembra che una maggiore liposolubilità favorisca la recezione con soglie minori(34).

 Come già accennato, la differenza tra il senso del gusto e quello dell'olfatto, come modalità deputate a discernere le sostanze gassose l'una e liquide l'altra, è in questo caso poco netta.

 La recezione avviene sempre per contatto diretto per cui o la sostanza è già liquida oppure è gassosa e deve essere dapprima disciolta nel film mucoso. La chemocezione per contatto non è da considerarsi differente da quella gassosa olfattiva tradizionale.

 Negli insetti esiste anche un senso comune atto a ricevere stimolanti irritanti come l'ammoniaca e questo senso si presenta come l'analogo della modalità trigemiale nell'uomo.

 Questa sensibilità è mediata da sensilli appositi, diversi da quelli olfattivi: le reazioni di fuga all'ammoniaca e ad altri irritanti permangono anche depo distruzione dei recettori olfattivi. Questi recettori sono distribuiti su tutto il corpo dell'insetto.

 I sensilli della chemocezione sono diffusi in ogni parte del corpo, ma specialmente a livello delle antenne, delle parti buccali e degli arti. Si tratta di terminazioni nervose fini che emergono attraverso appositi fori nella cuticola. I sensilli sono divisi in numerosi tipi di aggregazione recettoriale.

 I Sensilla Basiconica (Fig. 1) si trovano sulle antenne di centipedi e millepiedi e sono raggiunti da uno a sei cellule recettoriali. Nel Melanoplus questi sensilli sono lunghi ca 12-20 micron con un punto scuro alla base. Da questo lo scolopale si estende verso l'interno, finendo sulle terminazioni nervose. I neuroni ammontano da poche unità fino a pi- di 50 e le dimensioni del corpuscolo variano sensibilmente.

 I dendriti delle cellule nervose entrano nello scolopale e nel punto d'ingresso un segmento di essi assume una struttura simil-ciliare con nove coppie di microtubuli. Verso la punta del cono le terminazioni dendritiche passano attraverso fori nella cuticola di ca 0,1 micron, rimanendo esposti direttamente all'atmosfera.

 Dalla base del sensillo parte poi il gruppo di fibre nervose che veicolano la sensazione chemocettrice. Sensilli del genere sono presenti in tutti i maggiori ordini di insetti con minori variazioni anatomiche.

 Nelle antenne delle cavallette e nelle mandibole delle api si trovano i Sensilla Coeloconica (Fig.2). Nelle cavallette sono lunghe ca 8 micron e la loro terminazione, invece che sporgente sulla superficie cuticolare, risulta affondata in una cavità scavata nella parte superficiale della cuticola, del diametro di ca 20 micron. Ogni sensillo contiene tre o quattro neuroni, meno cioè del sensillo basiconico.

 Organi simili, in cui però diversi sensilli sono raccolti in un solo organo, sono presenti nel terzo segmento antennale in alcune mosche e nei segmenti labbiali di lepidotteri e neuroptera. I sarcophaga maschi hanno circa 50 di questi corpuscoli compositi su ogni antenna, nelle femmine invece raggiungono il numero di 250; nella Phormia sono 9-11 nei maschi e 11-16 nelle femmine.

 L'ingresso alla cavità nella quale aggettano i sensilli è protetta da spine e nei sarcophaga ci sono ca 200-300 sensilli in ogni corpuscolo. I sensilli sono pi- semplici in questa specie e ad ogni terminazione afferiscono uno o due neuroni.

Un ulteriore variante è costituita dalla placca olfattiva (Fig.3). Questi organi si trovano nel segmento antennale basilare degli afidi e consistono in aeree ovali di cuticola trasparente il cui diametro maggiore è nella Megoura da 60 a 250 micron. La cuticola si riduce a 0,35 micron di spessore. Circa 2 micron pi- profondamente si trova un secondo strato cuticolare con lo spazio riempito di liquido.

 Pochi neuroni si associano a questo organo con terminazioni simili a ciglia che perforando la cuticola interna raggiungono il lume. Qui si dividono ripetutamente formando una specie di glomerulo da cui alcuni filamenti passano attraverso lo strato esterno della cuticola. Questi pori esterni, aperti negli individui giovani dopo poco tempo dalla muta, tendono probabilmente a chiudersi in quelli pi- anziani.

 Sulle antenne si possono osservare inoltre vere e proprie cavità, dette alveolo sensoriale, che albergano in profondità uno strato di cellule recettoriali (Fig.4)

 Si osservano inoltre varianti multiformi, che in diversi modi ripropongono lo stesso sistema di base, tra cui: organi temporali, tipici dei centipedi e localizzati tra la base dell'antenna e gli ocelli, raggiunte da circa dodici cellule recettoriali nervose; flagelli intrecciati, che sono presenti sulle antenne dei Pauropoda e contengono nove cellule recettoriali ciascuna; sensilla a parete semplice con pori chiusi che sono presenti sul tarso del primo paia di gambe delle zecche, ospitanti da 4 a 15 cellule recettoriali; sensilla a doppia parete, anch'essi presenti sul tarso del primo paio di gambe delle zecche ed infine sensilla a singola parete con pori aperti che si trovano ben espresse sul primo paio di gambe di alcuni ragni, innervati da 40-45 cellule sensoriali.

 La quantità di questi corpuscoli può raggiungere numeri notevoli, l'Antheraea polyphemus ha un'antenna con circa 70000 sensilla olfactoria nel maschio.

 Nel complesso si osserva comunque una struttura a corpuscoli pi- vicina alla morfologia del corpuscolo gustativo che non alla mucosa olfattiva, anche se i dendriti delle cellule olfattive sono di norma raggiunte direttamente dalle molecole olfattive senza cellule speciali recettoriali epiteliali interposte. Nei crostacei le sensilla si trovano generalmente sul primo e sul secondo paio di antenne(35) (36).

 La descrizione dell'anatomia degli organi sensoriali degli insetti è comunque ancora in evoluzione e nuove strutture vengono tuttora evidenziate e descritte(37) .

 Pare che negli insetti ogni cellula olfattiva abbia uno spettro specifico di sostanze chimiche, alle quali è in grado di rispondere. Specialmente nella recezione dei feromoni si sono viste risposte molto specifiche.

 Il potenziale generato può dare sia una iper- che una depolarizzazione a livello dell'elettroantennogramma registrato, ove è possibile riscontrare anche risposte del tipo "tutto o nulla", veri potenziali d'azione.

 Come è noto, il sistema nervoso degli insetti raggiunge un elevato grado di complessità e al centro del protocerebron si trova il corpo centrale che connette i due lobi protocerebrali, situati lateralmente e portanti ciascuno un corpo peduncolato che si espande dorsalmente in un calice. I due lobi olfattivi o antennali del deuterocerebro contengono i glomeruli olfattivi riuniti da una commessura, e il sistema olfattivo è essenziale per le funzioni di accoppiamento e della differenziazione e maturazione sessuale.

 Nello sviluppo cos complesso degli insetti, anche il recettore olfattivo subisce vari rimodellamenti. Nella Drosophila si possono osservare sistemi chemocettori diversi nei diversi stadi dello sviluppo. L'organo olfattorio larvale, costituito dal complesso antenno-mascellare (AMC) viene sostituito dopo la muta dal terzo segmento antennale, derivante da un disco dell'imago.

 Nonostante la diversa origine, geni simili sono espressi in entrambi gli organi e cambiamenti tipici sono osservabili al momento della maturità sessuale nell'adulto(38). Nella drosofila è stato osservato un difetto genetico a causa del quale non è possibile la ricezione della benzaldeide (odore di mandorle) e si osservano inoltre cambiamenti nella sensibilità olfattiva con l'età(39).

 Un inibitore della proteasi della serina, l'alaserpina, mostra un ruolo nella morfogenesi antennale e della crescita dei neuroni olfattivi nella Manduca sexta(40).

 Anche se sono stati descritti sensilli che mostrano risposte specifiche ai feromoni(41), nella reazione comportamentale ai feromoni appare comunque coinvolto non solo una specificità recettoriale periferica, ma alcuni dati indirizzano verso un riconoscimento ed una elaborazione centrale dello stimolo(42), che può assumere valenza repulsiva o attrattiva. Che una sostanza sia attraente o repellente per un insetto, dipende dalla codifica genetica specifica della specie.

 Le femmine delle mosche, che depongono le loro uova su carne putrescente sono attratte dall'ammoniaca, sostanza altrimenti repellente per la maggior parte degli insetti. Risulta del resto che il comportamento di attrazione/repulsione dipende spesso dalla concentrazione della sostanza, raggiungendo un massimo di attrazione ad una concentrazione specifica, aumentando la quale si ottiene una risposta di repulsione.

 La risposta comportamentale agli odori cambia del resto anche con lo stato di sviluppo dell'insetto. Cos le larve di mosche sono attratte dall'odore di ammoniaca, ma quando termina il periodo in cui si cibano e si preparano alla trasformazione in pupe, la risposta all'ammoniaca è invertita.

La capacità degli insetti a distinguere tra i vari odori è sorprendente, considerando che l'Apis può riconoscere un olio essenziale estratto dalle arance da 23 oli estratti da altri frutti analoghi.

 Spiccata è anche la differenza tra i sessi e la sensibilità specifica in base al ciclo evolutivo. Nel Bruchophagus roddi, un parassita dell'alfaalfa, in metà delle sostanze alifatiche e fenoliche testate gli antennogrammi hanno rivelato risposte pressoch, doppie nelle femmine rispetto ai maschi(43).

 Oltre a queste modalità congenite di riconoscimento olfattivo e comportamento indotto, esistono risposte condizionate e dipendenti dalle condizioni ambientali durante lo sviluppo larvale e pupale. Diversi afidi rispondono positivamente all'odore estratto da piante sulle quali erano state raccolte le loro pupe(44) , configurando una sorta di "imprinting olfattivo" negli insetti.
 
 

Vertebrati e mammiferi

I primi vertebrati sembrano essere stati dotati di uno spiccato senso dell'olfatto e la maggior parte del prosencefalo era dedicato a questa modalità sensoriale.

 L'epitelio olfattivo è localizzato in fossette nasali nei pesci ed in tasche protette negli animali che respirano aria; nei mammiferi ritornati in ambiente acquatico le cavità nasali vengono chiuse durante l'immersione e l'animale ha perso la possibilità di far passare l'acqua attraverso le narici.

 Le cellule olfattive derivano dall'ectoderma e sono vere cellule neurali bipolari, unico esempio noto in cui la cellula nervosa viene direttamente in contatto con l'ambiente esterno.

 La cellula bipolare recettoriale olfattiva mostra anche un'altro primato, mantenendo la sua capacità a rigenerarsi (45) (46) anche nell'uomo adulto(47). Il turnover di queste cellule, che si riformano per differenziazione dalle cellule basali, è di circa 30-40 giorni(48).

 Le cellule neuronali rigenerate emettono propri assoni che ristabiliscono poi le proprie connessioni centrali nel bulbo olfattivo. Tale capacità singolare delle cellule olfattive di mantenere la loro capacità proliferativa per tutta la vita nell'animale ne permette l'uso ai fini dello studio dei processi di reinnervazione(49) ed organizzazione del bulbo olfattivo(50) (51) (52) (53), dimostrando un effetto fondamentale dei neuroni periferici sulla struttura e differenziazione del bulbo olfattivo(54) (55) (56) (57) stesso.

 L'epitelio olfattivo che tappezza la cavità narinale è spesso ampiamente ripiegato su se stesso e l'estensione totale può superare addirittura la superficie corporea dell'animale.

 Il limite teorico di sensibilità, in cui una cellula risponde ad appena una molecola olfattiva, è raggiunto in diversi animali.

 Inizialmente la cavità narinale si apre ad entrambe le estremità verso l'esterno, come negli elasmobranchi e teleostei, o finisce a fondo cieco come negli agnati, ove la sacca olfattoria è anche impari e mediana, senza nessuna comunicazione con la cavità buccale.

 Successivamente la parte posteriore si ripiega e finisce ad aprirsi nella cavità buccale. La formazione di un palato osseo secondario spinge la apertura narinale posteriore sempre pi- verso il retrobocca e la volta originale della bocca viene inclusa nell'area nasale.

 Questa conformazione è già ben visibile nei cheloni, ed è decisamente pronunciato nel coccodrillo, ove raggiunge il retrobocca, dividendo di pi- la via aerea da quella alimentare e creando in tal modo una situazione analoga a quella dell'uomo.

 Nei rettili si assiste ad un peculiare sviluppo del sistema olfattivo primario, essenziale per la ricerca del cibo in cooperazione con il sistema accessorio dell'organo di Jacobson(58).

 Le strutture della cavità nasale diventano via via pi- complesse nella scala zoologica, con la comparsa dei turbinati e di cavità accessorie. La parte dedicata all'epitelio recettoriale recede verso la volta della cavità nasale, in diretta connessione con il bulbo olfattivo.

 Il funzionamento del sistema recettoriale olfattivo nei pesci appare un ottimo modello di studio per approfondirne i meccanismi fisiologici e biologici che si presentano simili a quelli dell'uomo e la sua influenza sul comportamento (59) (60) (61) (62) (63) (64) (65) (66)(67) (68) (69) (70).

 Analoghe ricerche vengono fatte nei crostacei marini(71) (72) (73) (74). L'epitelio neurosensoriale olfattivo e le sue proiezioni centrali rimangono in contatto con i segmenti pi- bassi del sistema nervoso centrale.

 Il placode olfattivo, formato da uno strato subepidermale di cellule autonome, non migrate dalle strutture neurali, pare dare origine a tutti i tipi cellulari della mucosa olfattiva, di sostegno e recettoriali(75).

 Lo sviluppo del placode olfattivo nei vertebrati confuta il modello di Goodrich sullo sviluppo segmentato del sistema nervoso centrale nei gnatostomi(76).
 
 

L'Organo di Jacobson

L'organo vomeronasale o Organo di Jacobson(77) costituisce un secondo sistema olfattivo indipendente. Esso è innervato da un suo nervo autonomo e raggiunge un proprio bulbo olfattivo accessorio.

 L'organo può essere in connessione con la cavità nasale, che è la situazione pi- frequente, o direttamente con quella buccale, come nei rettili. Esso è particolarmente sviluppato nei serpenti, ove la punta della lingua funge da raccoglitore di sostanze olfattive, che verranno poi depositate direttamente sullo sbocco endorale del dotto dell'organo di Jacobson. E' ben sviluppato nel ratto, ridotto in alcune forme adulte di uccelli e assente in tartarughe e coccodrilli, nei mammiferi acquatici ed in alcuni primati.

 Nell'uomo il solco dell'organo vomeronasale compare intorno al 37ø giorno di gestazione, mentre le cellule olfattive ed una proiezione assonale centrale compaiono in seguito, ma rimangono in forma rudimentale(78).

 Alla 36ø settimana non si riscontrano pi- cellule neurorecettoriali(79) . Si possono seguire alcune fibre descritte da von Brnn, che da quest'organo raggiungono il bulbo olfattivo principale: manca invece una struttura distinta in bulbo olfattivo accessorio(80).

 Nelle specie prive dell'organo vomeronasale o ove esso è rudimentale, le sue funzioni vengono assunte dal sistema olfattorio principale(81) (82).

 Diverse ricerche hanno ormai dimostrato il ruolo essenziale dell'organo di Jacobson nel comportamento sessuale(83) (84) (85): la maggioranza dei feromoni viene recepita con il suo ausilio.

 Nel bulbo olfattorio accessorio è stato dimostrato il fattore di rilascio dell'ormone luteotropo (LHRH)(86) (87) (88) (89) (90) e sono presenti anche TRH(91) (92), noradrenalina, vasopressina(93) e cellule positive alla somatostatina(94).

 Le cellule LHRH-producenti originano nel ratto dall'organo vomeronasale per poi migrare attraverso il setto verso la regione ipotalamica(95).

 Lo sviluppo dell'organo dipende dalla presenza degli ormoni sessuali(96): in ratti castrati l'epitelio appare ribassato(97) e nei maschi l'organo ed il bulbo olfattorio accessorio sono di dimensioni maggiori che nelle femmine(98) (99). L'effetto della castrazione viene eliminato dalla somministrazione di benzoato di estradiolo(100).

 La distruzione dell'Organo o del bulbo olfattorio accessorio riduce il comportamento specifico favorente l'accoppiamento ed il riconoscimento del partner(101). In altri animali il comportamento sessuale rimane normale, ma con intensità ridotta; l'aggressività nei topi maschi ne viene influenzata(102).

 L'organo vomeronasale è altres coinvolto nel riconoscimento dell'odore specifico della preda, specialmente nei serpenti il suo ruolo assurge ai massimi livelli(103). Una sua lesione riduce sensibilmente in questi ultimi la capacità di inseguire e colpire la preda(104)(105)(106)(107) e appare peraltro che le sostanze stimolanti l'organo vomeronasale debbano essere prima disciolte nella lingua per poi essere portate a contatto con le cellule recettoriali(108).

 Nei serpenti inoltre l'organo vomeronasale mostra una attività citocromo-ossidasica superiore all'area olfattiva principale durante lo sviluppo embrionale(109)(110).

 E' stato recentemente dimostrato che la Proteina Marker Olfattiva (OMP - olfactory marker protein) segue una distribuzione non uniforme nel bulbo accessorio nell'Opossum, essendo pi- concentrata nelle regioni rostrali, tale distribuzione può essere d'aiuto nell'indagine sulla funzionalità del bulbo stesso(111), area di proiezione delle fibre dell'organo vomeronasale.

 Le sostanze capaci di stimolare l'organo di Jacobson a differenza dei stimolanti olfattivi comuni, tendono ad essere ad alto peso molecolare, poco volatili e contenenti proteine(112) (113) (114) (115) (116) (117) (118).

 Studi elettroolfattometrici hanno comunque dato risultati che depongono per una sostanziale similitudine di funzionamento con l'epitelio olfattorio maggiore(119) (120) (121), che può assumerne la funzione in seguito a lesione del bulbo olfattorio accessorio(122).
 
 

Ontogenesi del Sistema Olfattivo

I recettori olfattivi derivano dal placode olfattivo durante lo sviluppo embrionale: i loro assoni incontrano i dendriti delle cellule mitrali nel bulbo olfattivo, formando un ampio e peculiare reticolo sinaptico chiamato glomerulo(123).

 La deafferentazione del bulbo olfattivo riduce in modo significativo lo sviluppo delle cellule mitrali(124). La componente gliale, che è costituita da due linee cellulari, l'astroglia e cellule simili alle cellule di Schwann(125) (126) (127), appare svolgere un ruolo importante nello sviluppo dei glomeruli e delle fibre efferenti(128) (129).

 E' stata infatti dimostrata una aumentata espressione di citotassina//tenascina (CT) e proteoglicani contenenti condroitinsolfati (CS-PG) in cellule astrogliali che inglobavano i glomeruli in formazione(130). Le cellule gliali del nervo olfattorio proprio ricordano pi- da vicino le cellule di Schwann che non l'astroglia e sono anch'esse probabilmente coinvolte nella crescita delle fibre nervose stesse(131).

 Come è noto, nel sistema nervoso centrale in formazione la crescita degli assoni viene guidata da interazioni cellulari dirette e da fattori chimici diffusibili attraenti o repulsivi.

 Fattori chemorepulsivi diffusibili sono stati supposti per spiegare la mancata invasione diretta degli assoni delle cellule mitrali verso la corteccia frontale nell'embrione di ratto(132).

 Per la differenziazione dei neuroni nell'encefalo craniale e nel bulbo olfattivo pare coinvolto l'acido retinoico, come è stato dimostrato per i neuroni olfattivi nel placode olfattivo, per la cui differenziazione è responsabile un gene inducibile dall'acido retinoico attivato dal mesoderma laterocraniale nel topo(133).

 La tirosina-fosforilasi, un marker specifico per le cellule nervose, rimane confinata alle cellule recettoriali del bulbo olfattivo durante lo sviluppo nel ratto(134).

 Le cellule neuroectodermiche danno origine alle cellule basali, divise da alcuni autori in globose e proprie con diversa attività mitotica nelle varie fasi dello sviluppo embrionale, fetale e postnatale(135), e dalle quali origineranno durante tutta la vita adulta i neuroni recettoriali.

 Lo sviluppo del bulbo olfattivo prosegue nel periodo postnatale, esso risulta particolarmente immaturo nell'opossum(136).

 La plasticità del sistema olfattorio è maggiore di quello di altre strutture del sistema nervoso centrale e viene conservata sicuramente fino nei primi giorni dopo la nascita, come viene dimostrato da esperimenti di impianto di tessuto olfattivo(137).

 Anche negli strati subependimali del bulbo olfattivo persistono cellule capaci a mantenere la capacità mitotica fino nell'età adulta: ne derivano cos cellule sia gliali che neuronali(138) (139) (140).

 Le connexine tipiche delle gap-junctions nelle cellule di sostegno del bulbo olfattivo sono espresse principalmente nel periodo postnatale e nell'età adulta: i glomeruli nel bulbo olfattivo si formano solo nel periodo peri e postnatale(141). Tutta la popolazione dei glomeruli nel ratto (circa 2400 per bulbo olfattivo) risulta completamente formata già nei primi 3-5 giorni del periodo neonatale(142).

 Le cellule dei granuli sembrano invece continuare la loro neurogenesi e migrazione durante tutta la vita con un accrescimento del bulbo in alcuni tipi di ratto(143).

 Gli assoni dei neuroni recettoriali olfattivi penetrano nel bulbo in formazione, ma persistono solo se entrano nella formazione dei glomeruli stabilendovi delle sinapsi: altrimenti degenerano(144) e gli assoni, che crescendo superano i glomeruli, vengono riassorbiti(145).

 Nel ratto dal placode olfattivo si staccano cellule migranti che vengono in contatto con la vescicola telencefalica. Alcune cellule migrano nel bulbo olfattivo corrispondente ed inducono la formazione dei glomeruli(146).

 La popolazione dei glomeruli aumenta fino nel periodo postnatale, quando si stabilizza(147).

 Le cellule mitrali del bulbo poi si dirigono verso le aree centrali e lo sviluppo delle fibre efferenti(148) a sua volta è direttamente coinvolto nella differenziazione delle strutture entorinali e limbiche: del resto vi è evidenza che lo sviluppo del bulbo olfattivo induce un corretto sviluppo del corpo calloso e della connessioni della commissura anteriore(149).

 Esperimenti di ablazione del placode olfattivo hanno dimostrato che il mancato sviluppo delle strutture olfattive induce un anomalo e fortemente rudimentale sviluppo del telencefalo, sottolineando l'importanza di tale organo per il normale sviluppo delle strutture dell'encefalo(150).

 Del resto va notato che anche una normale funzione respiratoria con regolare stimolazione olfattiva è essenziale per lo sviluppo del sistema olfattivo. La chiusura di una narice durante lo sviluppo postnatale induce una netta riduzione nel volume cellulare e un rapido declino nel metabolismo e nella sintesi proteica del bulbo olfattivo(151) (152) (153). Analogamente si osserva una netta riduzione della vascolarizzazione del bulbo(154).

 La deprivazione unilaterale di input olfattorio induce cambiamenti sensibili nel bulbo olfattivo con netto calo del contenuto in dopamina e aumento lieve di quello in norepinefrina(155).

 I livelli ormonali hanno una sensibile influenza sullo sviluppo del sistema olfattivo: nella rana Xenopus bassi livelli di ormone tiroideo ritardano e riducono lo sviluppo neuronale nel sistema olfattivo(156).

 Ancora pi- incisivo è l'influsso degli ormoni sessuali: nel ratto il bulbo olfattorio accessorio delle femmine è di volume nettamente inferiore a quello del maschio(157). In maschi trattati con diidrotestosterone (DHT) subito dopo la nascita, il bulbo olfattorio accessorio rimane ridotto di volume e ricorda quello delle femmine(158).

 Sono state descritte anche altre differenze sessuali nella morfologia dei bulbi olfattivi, ove i ratti maschi mostrano maggiore lunghezza e ricchezza dendritica con maggiore ramificazione. La castrazione dei maschi o l'androgenizzazione delle femmine pare in grado di invertire il quadro (159).

 Nella lamina propria della mucosa olfattiva e nello strato di fibre nervose del bulbo olfattivo sono contenuti accumuli di cellule neuronali indifferenziate del tutto simili alle cellule globose basali dell'epitelio olfattivo: queste migrano verosimilmente lungo gli assoni olfattivi ed è degno di nota che non esprimono la proteina specifica delle cellule olfattive OMP. Non può essere escluso che dalla matrice neurogenetica olfattiva possano originare anche neuroni non recettoriali olfattivi(160).

 Una subpopolazione di neuroni recettoriali è positiva per il CD15: è stato presupposto che tali neuroni svolgano un ruolo nel guidare gli assoni delle altre cellule recettoriali(161).

 E' interessante del resto che dall'epitelio olfattivo si staccano delle cellule che migrano separatamente, raggiungendo la regione ipotalamica, ove si differenziano in neuroni producenti l'ormone LHRH(162). L'ablazione del placode olfattivo nel pulcino produce una assenza nell'ipotalamo di cellule producenti LHRH(163).

 Neuroni producenti LHRH sono stati dimostrati nel placode olfattivo dell'embrione di topo(164). Tale migrazione e la contemporanea comparsa di mRNA per il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) è stata dimostrata con immunoistochimica e ibridizzazione in situ (165): il CGRP influenza la differenziazione del sistema nervoso centrale(166).

 La migrazione delle cellule LHRH-producenti dall'epitelio olfattivo verso l'encefalo avviene prima nella metà mediale del nervo olfattivo, per poi proseguire dorsalmente e caudalmente in un primo momento nell'encefalo, seguito poi da una migrazione laterale. Fattori di adesività cellulare sono fondamentali per questo processo(167) e in caso di deficit delle proteine deputate all'adesività cellulare sono state dimostrate profonde alterazioni nello sviluppo del sistema olfattivo(168) (169) (170) (171) (vedi anche la discussione della sindrome di Kallmann in seguito).

 La mancata migrazione produce disturbi della funzione riproduttiva, oltre a quella olfattiva, e se tale disturbo è completo, si parla di sindrome di Kallmann.

 Secondo recenti lavori comunque parrebbe che i neuroni GnRH-produttori non derivino dal placode olfattivo, ma dall'ectoderma della cavità nasale, potendo osservare l'assenza di strutture olfattive (bulbo e nervo) dal lato della ablazione del placode, con normale presenza di cellule GnRH-producenti, quando l'ablazione del neuroectoderma ne riduce grandemente la densità(172).

 Studi immunoistochimici nei confronti della proteina marker olfattoria (OMP) e del fattore LHRH hanno dimostrato una via diversa di migrazione per questi neuroni, entrambi derivati dal placode olfattivo. I neuroni LHRH-positivi migrano medialmente al bulbo olfattivo, quando i neuroni OMP-positivi permangono sulla faccia ventrale del bulbo, ove scompaiono subito dopo la nascita(173).

 Tale fatto è di grande interesse e, se confermato, potrebbe spiegare casi di ipogonadismo ipogonadotropo con strutture olfattive presenti e viceversa assenza del bulbo in persone normali dal punto di vista endocrino, che sono stati osservati e descritti recentemente(174).

 Nell'embrione di ratto è stata riscontrata la produzione del fattore di crescita insulino-simile (IGF) nelle cellule del bulbo olfattivo(175) e del nervo olfattorio(176). Le colture cellulari di bulbo olfattivo sono stimolate da una combinazione in vitro del fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) e del fattore di crescita insulino-simile 1(IGF-I)(177).

 L'attività del gene Mash-1 del topo, omologo del complesso achaete-scute (AS-C) della Drosophila, è essenziale per lo sviluppo dell'epitelio olfattivo.

 Topi privi del gene mostravano normale sviluppo a termine, seguito da morte per deficit respiratori e di alimentazione. All'analisi istologica si poteva osservare un mancato sviluppo delle cellule recettoriali olfattive, con una normale presenza delle cellule di sostegno. Si noti che tale gene è coinvolto anche nello sviluppo del sistema nervoso simpatico(178).

 La presenza di RNA di trascrizione per il gene Mash-1 è stata dimostrata a partire dal giorno 8.5 dell'embrione di topo, prima in aree ristrette, poi in ampie zone periventricolari, nell'epitelio olfattivo e nella retina(179).

 Studiando la distribuzione spaziale di un antigene di differenziazione (CDA-3C2) durante l'embriogenesi, si è visto che, dopo un primo momento in cui è pi- diffuso, tale antigene è espresso solo nei tessuti derivati sia dal placode olfattivo che quello otico, apparendo collegato pi- con le cellule di sostegno che con quelle recettoriali(180) (181).

 La carnosina, il fattore di crescita neuronale (Nerve Growth Factor - NGF) e la tirosina idrossilasi sono presenti nel bulbo olfattivo nel periodo embrionale e permangono anche nell'età adulta.

 E' certo che il NGF non è presente nelle cellule olfattorie periglomerulari e neuroni primari, ma è prodotto da cellule gliali(182).

 Nel neonato esiste una alta concentrazione di enzimi nella mucosa olfattiva tra cui il citocromo P450(183).

 La capacità della cellula recettoriale olfattiva a mantenere la sua capacità mitotica, specialmente se stimolata dal fattore di crescita neuronale NGF, ha portato a studiare i fenomeni di reinnervazione dopo impianti nel vivo e con espianti in vitro. Si è potuto vedere da esperimenti sulla larva di Xenopus con trapianti di tessuto di placode olfattivo soprannumerario che il numero delle cellule recettoriali nella mucosa olfattiva è proporzionale al numero delle cellule mitrali nel bulbo olfattivo.

 E' evidente che il bulbo olfattivo regoli il numero di cellule afferenti recettoriali che si differenziano nella mucosa(184).

 Molecole di alfa-metil-piranoside sono coinvolte nei fenomeni di aderenza dei coni di crescita assonali in espianti di tessuto olfattivo.

 I recettori alla lectina sono presenti in densità variabile, suggerendo che le cellule neuronali in divisione siano costituite da diverse subpopolazioni(185).

 Del resto differenze di densità di recettori per la lectina sono state descritte tra i dendriti, sul corpo cellulare e sugli assoni delle cellule recettoriali(186).

 I glicoconiugati sono coinvolti nello sviluppo assonale, sia dell'organo vomeronasale e nel bulbo olfattivo accessorio(187), che del sistema olfattivo primario(188). Fattori di crescita derivati dalle piastrine (PDGF) sono stati dimostrati intorno ai neuroni olfattori primari in continua rigenerazione(189) e nei neuroni post-mitotici del sistema olfattivo vi è presenza del mRNA della calmodulina(190).

 La morfologia dell'epitelio olfattivo nell'uomo appare comunque eterogenea e non sempre completamente sovrapponibile a quella degli altri vertebrati: vi è però evidenza che il suo sviluppo sia pi- precoce che nei roditori(191).

 L'inizio della funzione olfattiva rimane incerto, data la evidente prosecuzione dello sviluppo fino nel periodo postnatale.

 Nelle rane(192) ed in alcune specie placentate come il ratto, la pecora e l'uomo è comunque probabile che la funzione chemocettrice sia attiva già in utero e che esista la capacità di imparare odori nel periodo pre e perinatale(193) .
 
 

Anatomia Umana del Sistema Olfattivo

Il recettore olfattivo è contenuto in un'area neuroepiteliale specializzata della mucosa nasale di circa 2,4 cm2 detta mucosa olfattiva. Questa corrisponde alla faccia inferiore della lamina cribrosa e ad un segmento superiore della mucosa del setto medialmente e dell'etmoide lateralmente(194) (195) (196)(Fig.5).

Nella mucosa olfattiva, che è pi- spessa della mucosa nasale normale, sono contenute le cellule olfattive, che come è già stato detto, sono l'unico esempio di cellula neuronale direttamente in contatto con l'ambiente esterno. Ci sono circa 10-20 milioni di recettori neuronali, sorretti da cellule di sostegno.

 La cellula recettoriale olfattiva è un neurone bipolare il cui prolungamento centrale197 si estende verso la lamina cribrosa, ove le fibre si raccolgono in fasci e raggiungono il bulbo olfattivo. Il prolungamento periferico è costituito da una serie di ciglia, immobili nella cellula matura ma mostranti residui di dineina e tubulina nelle cellule in via di sviluppo, con conseguente motilità(198) (199) (200) (201).

 Le cellule basali sono cellule staminali per i recettori olfattivi.

 La cellula recettoriale olfattiva ha una vita media nel topo di circa 40 giorni(202) ed anche nell'uomo mostra un ciclo rigenerativo con meccanismi regolatori non ancora del tutto noti(203).

 Tale situazione - unica nelle cellule neuronali nell'individuo adulto - sottolinea ancora la singolarità dell'epitelio olfattivo ed è di fondamentale importanza per l'impostazione clinica di pazienti con anosmie posttraumatiche e postvirali, con danno delle cellule recettoriali e dei loro assoni.

 Come già accennato precedentemente, le cellule contengono una proteina particolare, detta Olfactory Marker Protein, presente anche nell'uomo(204). Nel bulbo olfattivo è stata inoltre dimostrata una spiccata immunoreattività per la proteina Calbindin-D-28k, dimostrante la presenza di proteine leganti il calcio. Tale attività è massima nello strato plessiforme esterno e nello strato interno delle cellule granulari(205).

 Le "fila olfactoria" prendono contatto con i dendriti delle cellule mitrali formando i cosiddetti glomeruli, ove fino a 25000 assoni afferenti convergono su un solo glomerulo.

 L'assone centrale che penetra nel glomerulo inizia una fitta arborizzazione solo dopo esservi penetrato per 35,9 micron e si limita ad una area ristretta e specifica nel glomerulo(206): tale specificità potrebbe essere in correlazione con la decodifica delle risposte olfattive.

 E' stato infatti dimostrato recentemente che gruppi omogenei di neuroni recettoriali si proiettano sullo stesso glomerulo, anche se situati come un mosaico in posizioni distinte e separate nella mucosa olfattoria, suggerendo una risposta uniforme agli stimoli(207).

 Dalle cellule mitrali le fibre proiettano nella corteccia olfattiva, divisa in cinque regioni: i nuclei olfattivi anteriori, la corteccia piriforme, i tubercoli olfattivi, l'area periamigdaloidea e l'amigdala(208) nella corteccia entorinale(209)(FIg.6-7).

 Gli assoni delle cellule mitrali terminano sui dendriti delle cellule piramidali della corteccia olfattiva. Queste aree a loro volta prendono connessione con il talamo mediodorsale, l'ippocampo, l'ipotalamo ed altre aree del sistema limbico(210).

 Sono state dimostrate fibre centrifughe che deprimono l'attività del bulbo olfattivo (vedi in seguito anche le esperienze elettrofisiologiche sulla attività periglomerulare dopo stimolazione del nervo vago). In alcuni animali la sezione della commissura anteriore è capace di produrre una spiccata riduzione della capacità olfattiva.

 Dell'organo del Jacobson, solamente rudimentale nell'uomo, si è già detto diffusamente altrove.
 
 

Fisiologia Umana del Sistema Olfattivo

La fisiologia generale del sistema olfattivo è a tutt'oggi solo parzialmente conosciuta(211) (212) (213). L'olfatto viene stimolato da agenti volatili che sono capaci di sciogliersi nel film sieromucoso bagnante la mucosa olfattiva. Entrano nella stimolazione come fattori essenziali:

 -la pervietà delle fosse nasali,

 -il volume corrente d'aria,

 -l'integrità chimica del film sieromucoso,

 -la solubilità dell'agente olfattivo,

 -la sua velocità di diluizione,

 oltre a fattori di integrità del sistema nervoso centrale e del bulbo olfattivo.

Va sottolineata la importanza del normale flusso d'aria attraverso le fosse nasali e della pervietà non solo della base delle fosse, esplorabile con la rinoscopia anteriore, ma specialmente degli spazi alti (Fig. 8 e 9) che accedono alla fessura olfattiva.

 Nel respiro normale solo una minima parte dell'aria inspirata raggiunge effettivamente le fessure, per ottenere tale flusso è necessario il ben noto movimento inspiratorio forzato nasale che prende il nome di "annusamento". Le turbolenze indotte nell'altrimenti laminare flusso aereo nasale (Fig. 10) spingono allora sufficienti quantità di aria e stimolante olfattivo verso la mucosa recettoriale.

 E' pensabile che tale situazione rappresenti un meccanismo di difesa evolutiva, portando lo stimolante olfattivo alla mucosa solo se desiderato e ricducendone la forza di stimolazione nel caso opposto.

Non esiste finora una classificazione chimica o in gruppi di sensazioni omogenee accettata per gli odori percepibili.

 Le sostanze capaci di dare una sensazione olfattiva sono molteplici e solo una piccola parte è stata finora studiata in modo approfondito.

 Vedremo comunque in un successivo capitolo l'importanza delle sostanze chimiche industriali e di sintesi.

 Nel ratto l'organo vomeronasale risponde a stimoli da sostanze disciolte nel liquido amniotico(214); nel bambino solo la penetrazione di aria nella cavità nasale dopo il parto permette una adeguata stimolazione dell'epitelio olfattivo.

 Ricerche elettrofisiologiche sulle cellule olfattive suggeriscono che ogni cellula è capace di rispondere ad un gran numero di molecole olfattive: tentativi di raggruppare le cellule in gruppi funzionali non sono finora stati coronati da successo. Si presume che differenti odori producano dei pattern di risposta della mucosa olfattiva differenti.

 Le soglie di risposta a diverse sostanze variano moltissimo, da 5,83 mg/l per l'etiletere, a 3,30mg/l per il cloroformio, 0,02mg/l per l'olio di menta, 0,018mg/l per lo iodoformio, 0,009mg/l per l'acido butirrico, 0,006mg/l per il propilmercaptano fino a 4x10-5 mg/l per il muschio artificiale e 4x10-7 mg/l per il metilmercaptano(215)(216).

 Le molecole devono essere in grado di sciogliersi nello strato mucoso che copre l'epitelio olfattivo.

 Sostanze con forte capacità olfattiva dimostrano generalmente una ottima lipo- ed idrosolubilità.

 Le basi molecolari ed elettrofisiologiche esatte del funzionamento del recettore olfattivo(217) (218) (219) (220) (221) (222) (223) (224) (225) (226) (227) (228) (229) sono comunque ancora oggetto di studio con diversi modelli proposti(230) (231) (232), senza che sia emersa una teoria univoca(233) (234) (235) (236) (237). Appare comunque coinvolto un meccanismo di recettori stereospecifici per le molecole olfattivamente attive, che poi innesca un segnale di secondo messaggero(238) via l'adenilciclasi(239) (240) (241) (242) (243) (244) (245) (246) (247) (248) (249) (250) (251) (252). Una distribuzione spaziale di recettori specifici è ancora sotto esame(253) (254).

 L'AMP ciclico e il GMP ciclico sembrano avere un ruolo anche nella trasmissione centrale dello stimolo(255) (256). Per spiegare la necessaria multiformità dei recettori olfattivi disposti sulle membrane cellulari è stato proposto un sistema simile a quanto avviene nella immunità o per la presenza di geni multipli(257) (258) (259) (260) (261).

 Anche l'attività enzimatica presente nella mucosa olfattiva potrebbe essere coinvolta sia nella preparazione chimica delle molecole, sia nella loro rimozione: in tale senso è stato interpretata la presenza di glutatione-S-transferasi(262).

 Pensando ad una stereospecificità delle molecole olfattive e dei loro recettori si è fatto un interessante tentativo di costruire modelli artificiali di recettori, utilizzando diversi tipi di polimeri depositati a strato fine su un substrato isolante e registrandone le variazioni di conduttività al passaggio di una corrente sonda(263).

 Per raggiungere l'epitelio olfattivo è essenziale una situazione endonasale normale, che permetta un libero accesso dell'aria inspirata alla fessura olfattiva. Ogni alterazione dell'anatomia nasale e della pervietà delle fosse nasali può esitare in ipo- o anosmia.

 Alterazioni dei livelli ormonali surrenali e sessuali(264) sono state descritte ampiamente come causa di disturbi olfattivi(265): un iposurrenalismo è considerato fonte di iperosmia, cos come la capacità olfattiva aumenterebbe anche in fase di ovulazione.

 Nell'animale sono stati descritti cambiamenti comportamentali in seguito a danno olfattivo(266), il sistema è coinvolto nelle risposte allo stress(267) e nel riconoscimento del proprio piccolo da parte delle pecore(268).

 Dati sono stati riportati per segnalare cambiamenti della sensibilità olfattiva durante il ciclo mestruale(269) (270), generalmente per odori simili al muschio. Ad un aumento generico della capacità olfattiva a favore di influssi pi- specifici si oppongono recenti lavori, dai quali risulta che solo la qualità e la soglia della sensazione per l'androstenedione cambia durante il ciclo mestruale(271).

 E' noto del resto che la soglia olfattiva per l'androstenone è determinata geneticamente(272).

 Il problema appare infatti molto pi- complesso e verosimilmente specifico. In ratti castrati la risposta locale delle cellule olfattive alla iniezione di norepinefrina è ridotta: la somministrazione di testosterone non ripristina i livelli di risposta normale.

 E' stato dimostrato che il recettore olfattivo può essere eccitato da radiazioni elettromagnetiche ad energia elevata(273) (274), presumibilmente per la formazione di sostanze ionizzate ed ozono(275).

 Il recettore olfattivo mostra una spiccata adattabilità allo stimolo con rapida riduzione della sensazione in seguito ad esposizione continua, ma recupera in modo altrettanto veloce dopo la sospensione dello stimolo stesso.

 Appare da recenti ricerche che i bulbi olfattivi esercitano una attività regolatrice efferente: un bulbo appare avere una attività inibitoria sull'altro attraverso l'abenula (276). Piccoli neuroni colinergici nelle regioni dei bulbi olfattivi e nelle regioni centrali di proiezione olfattiva entrano verosimilmente nella costituzione di circuiti regolatori locali(277).

 Nel bulbo olfattivo esistono neuroni dopaminergici e una deafferentazione periferica riduce l'espressione della tirosin-idrossilasi nel bulbo olfattivo e indica un disturbo nelle vie dopaminergiche nel bulbo olfattivo del ratto(278).

 L'attività adrenergica è stata dimostrata nei vasi della mucosa olfattiva ed il declino con l'età può contribuire ad una riduzione della funzione olfattiva in seguito a ridotta vascolarizzazione(279).

 I canali degli ioni K+ attivati da ioni sodio (IK[Na]) dei neuroni recettoriali olfattivi sembrano pi- sensibili al danno di quelli dei neuroni del tronco encefalico(280).
 
 

Correlazioni neurofisiologiche

Le connessioni centrali del bulbo olfattivo sono state oggetto di ampi studi, come dimostrano anche i numerosi lavori già citati nei paragrafi precedenti, ma un modello unico resta tuttora da descrivere.

 Emergono poi sempre pi- complesse correlazioni tra i vari sensi.

 Nei pesci ciclidi ad esempio è stato descritto un nucleo olfattoretinico (NOR) con proiezioni dalla retina al bulbo(281).

 E' verosimile che al lobo limbico arrivino segnali già altamente integrati, non solo di valenza olfattiva, ma coordinati con le afferenze degli altri sistemi sensoriali.

 La possibilità di connessioni dirette a livello basso tra il senso telencefalico pi- elevato (vista) e quello paleoencefalico pi- arcaico (olfatto) dimostra la grande capacità plastica del sistema nervoso centrale.

 Stimolati dal noto ruolo nella ricerca del cibo del sistema olfattivo, ci si è chiesti se il sistema olfattivo abbia la capacità di riconoscere la direzione da cui giunge lo stimolo odoroso. Tale odorato direzionale non sembra però possibile, a meno che non venga accompagnato da eccitazione anche delle terminazioni trigeminali, a quanto emerge da ricerche elettrofisiologiche(282) .

 Un'altro problema interessante è posto dalla domanda se il sistema olfattivo, in analogia a vista ed udito, riceva fibre efferenti regolatorie, ipotesi suggerita anche dalla presenza nel bulbo di fibre peptidergiche. I risultati non sono per ora univoci.

 La stimolazione del nervo vago per esempio ha permesso la registrazione di potenziali dal bulbo olfattivo con attivazione di cellule dello strato periglomerulare, suggerendo l'esistenza di una via efferente verso i bulbi olfattivi, eccitata da stimolazioni derivanti dalla sensibilità viscerale(283).

C'è poi anche chi ha proposto che la percezione olfattiva possa essere alterata da segnali afferenti trigeminali derivati dalla cute o dall'epitelio della mucosa nasale. Esperienze elettrofisiologiche di registrazione dei potenziali olfattivi dopo e durante stimolazione cutanea non sembrano confermare invece tale ipotesi(284).

La neurologia delle correlazioni olfattive con il lobo limbico rimane comunque ancora oggetto oscuro, come in fondo sono oscuri i meccanismi neurofisiologici precisi che generano le emozioni.
 
 

Patologia del Sistema Olfattivo

Nell'uomo la capacità olfattiva risulta sensibilmente ridotta rispetto agli animali macrosmatici, ma le sue connessioni con le aree corticali del lobo limbico sono sempre ben evidenti(285).

 La importanza della presenza di deficit olfattivi viene spesso sottovalutata nella pratica clinica, quando invece incide in modo non trascurabile sul benessere generale della persona.

 In parte questo minore interesse è da ricondursi alla non pericolosità "quoad vitam" per il paziente, in parte alle scarse possibilità terapeutiche e anche, non ultimo, alla laboriosità e difficoltà dei test proposti finora per lo studio del senso dell'olfatto.

 Una maggiore attenzione al benessere generale delle persone, come stato di salute e non mera assenza di malattia, si va oggi ad unire alla maggiore comprensione dei problemi relativi alla iposmia trasmissiva ed alle relative possibilità di correzione chirurgica microendoscopica, insieme ad una maggiore standardizzazione e riproducibilità degli esami olfattometrici.

 Recentemente la dimostrazione di danni specifici e molto precoci a carico del bulbo olfattivo nel morbo di Alzheimer ha dato nuovo impulso alla ricerca nel campo dei sensi chimici, ove il deficit olfattivo appare essere un segnale precoce ed attendibile nelle malattie neurodegenerative.

 La capacità di funzionamento del sistema olfattivo può essere ridotta sia per impedimento al flusso d'aria di raggiungere la fessura olfattiva, sia per danno neuronale recettoriale o delle vie centrali. Nel primo caso, in analogia con quanto avviene per l'udito, si parla di iposmia trasmissiva, nel secondo di iposmia neurosensoriale o percettiva.

 L'ostruzione delle fosse nasali può riconoscere svariate cause, tra cui diaframmi congeniti, stenosi ossee da deviazioni del setto o pneumatizzazione etmoidale accentuata, come anche processi infiammatori cronici con deposito di muco, ipertrofia dei tessuti mucosi, fino ai polipi nasali. Tali stenosi esitano in una ridotta percezione olfattiva ed in una diminuzione della percezione degli aromi dei cibi(286)(287). Una chiusura prolungata di una narice non riduce il numero delle cellule mitrali, ma influisce su quello dei granuli nel bulbo olfattivo(288).

 Una stenosi olfattiva può insorgere anche dopo traumi fratturativi della regione rinosettale, come può essere l'esito di interventi endonasali demolitivi sull'etmoide, specialmente dopo asportazione di polipi, con l'insorgenza, come complicazione anche a distanza di tempo, di sinechie e cicatrici occludenti delle aree alte della fossa nasale.

 Non sempre il tetto della fossa gode infatti di tutta l'attenzione necessaria, avendo poco o nessun ruolo nella respirazione.

 La recente definizione di tecniche microchirurgiche ed endoscopiche delle fosse nasali(289)(290) ha creato per la prima volta la possibilità di un approccio chirurgico alle iposmie trasmissive, anche se tale campo va tuttora valutato con molta attenzione.

 In ogni caso di iposmia va sempre prima indagata una eventuale componente trasmissiva con l'ausilio della rinoscopia, di esami radiografici tra cui le radiografie standard del massiccio facciale ed eventualmente la tomografica computerizzata nelle ricostruzioni assiali e coronali(291)(292), e soprattutto un esame endoscopico accurato delle fosse nasali stesse, eseguito con l'ausilio di endoscopi rigidi e flessibili.

 Causa frequente di deficit olfattivo recettivo è il danno delle "fila olfactoria", lese e strappate dal contraccolpo, in seguito a trauma cranico chiuso. Tale patologia costituisce una parte notevole delle iposmie indagate nella pratica clinica per la sua rilevanza medico-legale.

 Il bulbo olfattivo e le cellule recettoriali possono inoltre essere lese durante una infezione virale delle prime vie aeree: ad esempio è frequente il constatare deficit olfattivi postinfluenzali e postrinitici.

 Tali deficit tendono a migliorare spontaneamente per un periodo anche superiore ai 3-4 mesi, ma lasciano spesso fastidiose disosmie che disturbano il paziente pi- della diminuzione stessa del senso dell'olfatto. Tali disosmie sono spesso permanenti, rendendo l'olfatto del tutto inservibile ai fini delle sua funzione fisiologica e sociale.

 La terapia purtroppo potrà essere solo di sostegno generico: non sono, almeno per ora, noti ed in commercio farmaci sicuramente efficaci in tal senso.

 Le cause di malfunzionamento delle vie recettoriali e nervose del sistema olfattivo sono molteplici. Alterazioni endocrine, metaboliche, nutrizionali e malformative genetiche come l'insufficienza corticosurrenalica(293), la fibrosi cistica(294), il diabete mellito(295), lo pseudoipoparatiroidismo(296), la sindrome di Turner(297) l'insufficienza renale cronica(298), la cirrosi epatica(299), la deficienza di cianocobalamina(300), la psicosi di Korsakoff(301) ed altre forme morbose sono state messe in relazione con deficit olfattivi.

 Particolare interesse è posto sulla sindrome di Kallmann, descritta già nell'800(302). In questa malattia trasmessa geneticamente(303) sono caratteristiche per la diagnosi l'assenza di pubertà associata ad anosmia(304) (305).

 L'agenesia del placode olfattivo porta alla mancata migrazione delle cellule LHRH-producenti, che originano dalla cresta neurale indotta dal placode olfattivo per poi migrare verso in cervello(306).

 L'attività neurosecretoria di queste cellule è stata dimostrata sia in vitro(307)(308)(309) che in vivo(310)(311)(312)(313)(314). Il gene della sindrome di Kallmann legato all'eterocromosoma X mostra alti livelli di espressione nelle cellule mitrali e nel cervelletto del pollo, e tale disposizione è altamente analoga a quella dell'uomo. Alcuni autori presumono la produzione di una "molecola segnale" che gioca un ruolo nella migrazione delle cellule neuronali coinvolte(315).

 Lesioni di un gene posto sulla porzione distale del braccio corto del cromosoma X portano al difetto di migrazione cellulare tipico della sindrome di Kallmann(316) (317). Il gene (detto ADMLX) pare infatti codificare una proteina di adesione specifica(318) (319). Il gene Xp22.3 pare del resto coinvolto anche in altri punti di migrazione neuronale nel sistema nervoso, specialmente nelle fibre del corpo calloso(320).

 Una delezione nel punto Xp22.31 è stata riscontrata in una associazione tra condrodisplasia punctata (CDPX-X-linked recessive chondrodysplasia punctata), deficienza di steroidosolfatasi (SDS) e sindrome di Kallmann legata al cromosoma X(321). Sono state descritte altre malformazioni associate indicanti un danno generalizzato della migrazione cellulare(322).

 E' stata descritta la delezione intragenica del gene KALIG-1 nella sindrome di Kallmann(323).

 Si noti che l'espressione del gene rimane alto anche nel periodo adulto(324). Del resto i neuroni del bulbo olfattivo mostrano una spiccata capacità di riconnettersi con le sedi appropriate, come dimostrato con impianti di bulbo olfattivo nel ventricolo di topo Thy-1(325).

 Questo ha portato al tentativo di impiantare cellule embrionali olfattive in ratti altrimenti privi del placode, per farle migrare verso la sede normale e indurre una produzione di LHRH(326)(327).

 Recentemente sono stati studiati pazienti ipogonadici ipogonadotropi con test della capacità olfattiva e studio RMN del bulbo olfattivo(328) (329) (330) (331) (332), con risultati interessanti.

 Oltre ad un gruppo di persone ipogonadotrope ed anosmiche, in cui non era dimostrabile il bulbo olfattivo alla RMN, si sono viste persone anosmiche prive di bulbo olfattivo ma normali dal punto di vista endocrinologico, con mancata migrazione delle cellule a livello del bulbo, ma conservata colonizzazione ipotalamica. Analogamente si sono viste persone con ipogonadismo ipogonadotropo senza deficit olfattivi e con presenza dei bulbi olfattivi(333).

 Tale a prima vista sorprendente risultato si spiega assumendo una precoce differenziazione delle cellule durante lo sviluppo embrionale e pertanto la possibilità di deficit selettivi dell'una o dell'altra branca della differenziazione delle cellule della cresta neurale.

 Un deficit gonadotropo potrebbe essere dato anche da alterazioni pi- alte nel sistema nervoso centrale, come descritto in un caso di sindrome di Moebius, ma va sottolineato che in questo caso venne descritta una ipoplasia delle strutture olfattorie centrali e non vengono riportati test olfattivi(334) .

 In una ricerca su tre pazienti classificati come Kallmann, solo uno era veramente anosmico e due erano in grado di distinguere tra diverse sostanze olfattive. I potenziali evocati corticali invece non erano leggibili, dimostrando alterazione delle vie olfattive con ipersensibilità trigeminale(335).

 Anche se questo potrebbe indicare che le risposte olfattive derivano da una azione vicariante trigeminale, questa non può spiegare i casi normosmici. La indagine RMN ci viene incontro a questo punto dimostrando appunto la differente morfologia del bulbo, assente in alcuni e normale in altri. Questi risultati suggeriscono che esistono maggiori suddivisioni di quanto finora supposto nella sindrome di Kallmann, che vanno tenuti distinti.

 Nella letteratura vi è poi riportato comunque almeno un caso di neuroblastoma insorto in paziente con sindrome di Kallmann, che suggerisce comunque un comportamento differenziato tra cellule che migrano verso l'ipotalamo e quelle destinate a formare il bulbo olfattivo(336).

Nel complesso possiamo dire che sulla sindrome di Kallmann, o meglio, sulle sindromi di Kallmann, vi sono ancora molti punti oscuri da chiarire, anche se un quadro iniziale comincia a delinearsi.

Recentemente su biopsie dalla mucosa olfattiva in un paziente affetto da sindrome di Kallmann è stato possibile vedere una riduzione con alterazioni strutturali delle ciglia, oltre ad una riduzione delle "fila olfactoria", con un quadro generale di immaturità(337). Generalmente nel campo delle iposmie riveste un particolare interesse la patologia della ciglia.

 Avendo visto che la cellula olfattiva contiene strutture microtubulari e che nelle sindromi da ciglia immobili (ICS-immobile cilia syndrome) vi sono deficit olfattivi, questi ultimi possono trovare spiegazione non solo nelle alterazioni del film mucoso, con ostruzione nasale meccanica, ma con una compromissione della cellula recettoriale neuronale stessa. Una stretta associazione tra funzione ciliare e trasduzione del segnale olfattivo è infatti stata proposta(338).

 Alterazioni del senso dell'olfatto sono infine state descritte in una serie di malattie neurologiche come l'epilessia(339), la disautonomia familiare(340), la corea di Huntington(341), la sclerosi multipla(342) e genericamente nella malattia del motoneurone(343).

 Nel morbo di Parkinson (PD)(344) (345) (346) (347) (348) (349) (350) (351) il deficit delle vie dopaminergiche colpisce anche le vie olfattive, in cui notoriamente le fibre dopaminergiche svolgono un ruolo fondamentale(352) (353) (354). Per inciso, secondo alcuni autori l'attività dopaminergica nel bulbo olfattorio sarebbe ridotta(355), ma tale dato rimane contestato dalla maggioranza dei lavori.

 Il danno olfattivo nel Parkinson è considerato tanto importante da proporlo come elemento di diagnosi della malattia(356) (357) e addirittura come carattere di diagnosi differenziale(358) (359) con la paralisi progressiva sopranucleare (PSP)(360) e con il tremore essenziale (ET) (361).

 Il danno olfattivo è inoltre assente nella sindrome Parkinson-simile indotta da MPTP (metilfeniltetraidropiridina) (362).

 Si ricordi che l'espressione del fenotipo dopaminergico è indipendente dalle fibre peptidergiche(363) centrifughe, esiste evidenza che esso si sviluppa anche in assenza di input olfattivo(364).

 Il danno olfattivo nella malattia di Parkinson è comunque bilaterale e il suo rapporto con il trattamento rimane incerto. Nessuna relazione tra la gravità dell'iposmia e la durata del trattamento dopaminergico o la entità dei sintomi della malattia è stata sicuramente dimostrata(365).

 Il danno appare diverso da quello osservabile nel normale invecchiamento, nel PD è aumentata la soglia recettoriale, quando nell'anziano è ridotta l'efficienza nel riconoscimento dello stimolo odoroso(366).

Nella malattia di Alzheimer (AD)(367) (368) (369) (370) (371) (372), ben nota per i suoi deficit olfattivi, che appaiono essere i pi- precoci disturbi funzionali della malattia, sono stati dimostrati depositi neurofibrillari molto precocemente nel decorso della malattia(373) (374) (375) (376) (377) (378), tanto da proporre l'analisi del bulbo olfattivo e della capacità olfattiva come test precoce per questa malattia(379).

 Neurofibrille del resto sono state osservate nella disgenesia olfattiva(380).

 Anche nella eziologia del morbo di Alzheimer vi è chi ha coinvolto il sistema olfattivo, attribuendo un ruolo scatenante all'alluminio, che raggiungerebbe l'encefalo percorrendo i neuriti olfattivi(381).

Sono stati dimostrati danni anche nelle aree ippocampale ed entorinale(382).

 Nel bulbo olfattivo si osserva degenerazione delle cellule mitrali, secondo alcuni senza i cambiamenti neurofibrillari tipici(383). Si osserva una perdita assonale nell'AD(384) e la comparsa di neuriti ectopici e distrofici, presenti nell'81% dei pazienti, contro solo un 21% nel normale.

 L'invecchiamento, in contrasto con quanto a volte sostenuto, non pare un buon modello per quanto avviene: nella scimmia rhesus anziana, si osserva un quadro simile a quello normale, e non il quadro dei neuriti atrofici e dei depositi neurofibrillari nell'encefalo come nell'AD(385).

 La proteina tau, associata ai microtubuli, può accumularsi intorno ai nuclei delle cellule nervose in alcune condizioni patologiche. Le cellule neuronali recettoriali dell'epitelio olfattivo esprimono questa proteina nei loro assoni quando diventano distrofici. Essi esprimono di nuovo tutta la gamma delle proteine tau, sia quelle presenti nell'encefalo adulto che quelle presenti normalmente solo nel midollo spinale fetale(386).

 Anche se alcuni autori contestano la specificità del danno olfattivo e gustativo(387) (388), trovandolo anche in altre forme di demenza, si ritiene generalmente che il danno olfattivo sia ben correlato con la gravità raggiunta dalla malattia(389) (390) (391).

 La relazione tra invecchiamento cerebrale, degenerazione da malattia di Alzheimer e diminuzione della capacità olfattiva è attualmente al centro di numerose ricerche sia biofisiche(392) (393) che comportamentali (394) (395) (396) (397) (398).

 Analogamente a quanto discusso per la sindrome di Kallmann, la migliore risoluzione oggi offerta dalla Risonanza Magnetica ha indotto allo studio delle zone ippocampali e olfattive con questa metodica (399).

 Un'altra tecnica di introduzione recente, la tomografia ad emissione di positroni, è stata in grado di dimostrare una riduzione della attivazione metabolica corticale in seguito a stimoli olfattivi, specialmente se coinvolgenti memoria e riconoscimento, nel paziente con AD.

 Analogamente all'invecchiamento normale infatti, e a differenza del deficit del morbo di Parkinson, la soglia olfattiva è aumentata solo a malattia avanzata, quando all'inizio si osserva una riduzione della capacità di riconoscimento degli odori con un chiaro deficit cognitivo(400).

 Al momento il disturbo della funzione olfattiva non viene elencato tra i criteri neurologici NINCDS-ADRDA per la diagnosi della malattia di Alzheimer, anche se vi è chiara evidenza che tale deficit è costantemente presente e correlato a deficit neurosensoriale(401), portando cos al suggerimento di inserire tale deficit tra i suddetti criteri.

 Alterazioni olfattorie sono descritte inoltre nella schizofrenia(402) (403) (404), nella sindrome di referenza olfattoria(405) e nella depressione(406) e genericamente nei disturbi del comportamento(407). L'analisi dei potenziali evocati nelle psicosi non ha comunque ancora dato risposte univoche(408).

 Possono compromettere il senso dell'olfatto alcuni tumori intracranici, come il glioma frontale(409), i meningiomi della rima olfattiva(410) e quelli a sede soprasellare, come anche i tumori del lobo temporale(411).

 Disturbi olfattivi sono inoltre stati descritti in seguito ad aneurismi della comunicante anteriore(412).

 Il sistema olfattivo, come tutti i nervi, può essere inoltre sede di attacco virale. In uno studio su tessuto nervoso di persone decedute per cause non correlate, il genoma del virus Herpes Simplex 1 (HSV-1) è tato trovato nel 72.5% dei gangli trigeminali e nel 15.5% dei bulbi olfattivi, quello del virus Varicella-Zoster (VZV) rispettivamente nel 63.3% e nell'1% dei gangli(413).

 Nella compromissione del sistema nervoso centrale da infezione con virus dell'immunodeficienza acquisita (HIV) si hanno precoci deficit olfattivi(414).

 Le vie nervose olfattive possono inoltre essere usate come porta di ingresso nel sistema nervoso centrale in caso di infezione con virus neurotropi. Il virus di Theiler dell'encefalomielite murina si propaga rapidamente alle strutture limbiche, dopo essere entrato attraverso il bulbo olfattivo(415) .

 Particolare interesse riveste l'andamento temporale della funzione olfattiva nell'invecchiamento. Si incontrano qui gli effetti del calo fisiologico delle funzioni neuronali in genere, davanti al calo dei livelli ormonali sessuali con possibili fenomeni degenerativi di varia origine.

 E' accertato che nelle persone anziane si assiste ad un cambiamento della percezione degli odori e questo fatto può incidere anche sensibilmente sulla alimentazione(416) (417) con ricerca di cibi diversi e gusti particolari, nonchè rischi di intossicazioni o addirittura asfissia da gas estranei come il gas di città, di cui non viene pi- avvertito il contaminante odoroso.
 
 

Olfattometria

Esami soggettivi

 Per concludere la parte pi- specificamente clinica medica è utile dare un breve sguardo alle metodiche a nostra disposizione per misurare la capacità olfattiva individuale, ricavandone da una parte le soglie normali per ogni singolo composto e dall'altra un olfattogramma atto a quantificare eventuali danni a livello della capacità di recepire gli odori da parte dell'individuo.

 I primi tentativi scientifici di misurare clinicamente la capacità olfattiva nascono con Zwaardemaker(418), che muove i primi passi con l'utilizzo di apparecchiature da lui ideate per quantificare la capacità olfattiva.

 Nei tentativi di perfezionare l'apparecchio di Zwaardemaker va ricordato specialmente anche l'olfattometro di Fortunato-Niccolini(419).

 Oggi possiamo distinguere tra le modalità di indagine soggettiva e quelle di indagine oggettiva. Il test soggettivo di base si fonda sulla presentazione al paziente di un volume d'aria saturo di sostanza olfattiva, che deve essere sentita (prima soglia) e quindi riconosciuta (seconda soglia).

 Questo fenomeno si sviluppa tramite due modalità fondamentali, che nella realtà clinica sono generalmente associate, e cioè:

 -il cosiddetto "sniff-test", in cui il paziente viene invitato ad inspirare velocemente, con un movimento di "annusamento" l'aria da recipienti in cui sono contenuti quantità scalari di sostanza odorosa e si annota la minima diluizione che ne ha permesso il riconoscimento;

 -i test a "presentazione di volumi d'aria forzati", ove volumi d'aria satura di sostanza olfattiva vengono spinti nella fossa nasale da attrezzature varie(420)(421)(422).

 In ogni caso sono necessari la capacità e la volontà del paziente di collaborare attivamente all'esame e di produrre risposte significative.

 Ogni sostanza usata, va analizzata sempre sulla sua contemporanea capacità di stimolare i recettori trigeminali, per evitare risposte non specifiche(423).

 La precisione di questi test appare buona(424), se eseguiti correttamente, ma rimane sempre legata alla capacità e disponibilità del paziente a collaborare.

 Esiste poi il problema di mantenere sostanze volatili in concentrazioni note per prolungati periodi di tempo. Questo ultimo problema è stato affrontato con un'originale test Psicometrico presentato da Doty al Congresso Mondiale di Otorinolaringiatria nel 1981(425), che si avvale di sostanza olfattiva microincapsulata.

 In questo test, detto UPSIT (University of Philadelphia Sensory Inventory Test) vengono presentati 40 strisce di carta in cui è stata microinclusa una sostanza olfattiva.

 Il paziente deve grattare la striscia e tentare di riconoscere la sostanza olfattiva che si libera. Vengono proposte quattro soluzioni, delle quali deve comunque sceglierene una. In questo modo, nei casi di risposte peggiori della semplice distribuzione statistica, il test permette di riconoscere i tentativi di simulazione.

 La microincapsulazione rende stabili le preparazioni, evitando che la sostanza olfattivamente attiva diminuisca in concentrazione volatilizzandosi.

 Per i bambini è stato proposto un test che utilizza anche materiale fotografico per l'identificazione di sostanze odorose presentate col metodo dello Scratch-Test(426) .
 
 

Esami oggettivi

 Il poter riconoscere una diminuzione della capacità olfattiva senza dipendere dalla collaborazione del paziente è di primario interesse medico-legale e neurologico. Diversi test sono stati proposti, tutti ancora in fase di studio. Il metodo pi- immediato è la registrazione diretta dei potenziali d'azione dalle cellule recettoriali olfattive e dal bulbo(427)(428), tecnica ampiamente usata nell'animale(429)(430), ma difficilmente eseguibile nell'uomo.

 Sono state perciò proposte anche tecniche indirette. E' stato notato infatti che nella registrazione rinomanometrica è possibile osservare alterazioni della resistenza al flusso in seguito a stimolazione olfattiva, per un riflesso coinvolgente la circolazione nella mucosa dei turbinati, e pertanto sono state proposte metodiche di olfattometria sotto registrazione rinomanometrica.

 Tale tecnica, dopo un primo momento di entusiasmo, ha avuto poco seguito ed è rimasta di scarsa applicazione. Essa non è mai stata presa in seria considerazione nella letteratura mondiale data la scarsa consistenza dei risultati.

 Pi- promettenti sono certamente le tecniche di registrazione elettroencefalografica e dei potenziali elettrici evocati.

Si è osservato che la stimolazione olfattiva produce una reazione d'arresto elettroencefalografica, e tale fenomeno è stato indicato come utile alla ricerca della soglia olfattiva con presentazione di soluzioni di sostanze olfattive a concentrazioni scalari sotto registrazione elettroencefalografica(431) (432) (433) (434), analogamente a quanto è stato proposto per lo studio del gusto(435).

 Va detto per inciso che nel caso della registrazione dei potenziali tardivi corticali le condizioni di veglia e sonno come i livelli di attenzione dell'esaminando interferiscono con l'esame, rendendolo non sempre certamente oggettivo ed ininfluenzabile, facendo venire meno la prima ragione della sua esecuzione ai fini medico-legali, di cui parleremo dopo.

 Per eliminare i problemi dati dal rumore di fondo, tenta ora di sfruttare le tecniche di costruzione di medie (averaging) del segnale biologico analoghe a quanto utilizzato nella registrazione dei potenziali evocati uditivi, registrando direttamente dallo scalpo ed utilizzando elettrodi non invasivi di superficie.

 Queste tecniche possono ottenere un filtraggio opportuno degli artefatti e pulire il segnale stesso (436) (437) (438) (439) (440) (441) (442) (443) (444) (445) (446) (447) (448) (449) (450) (451) (452) (453).

 Negli ultimi anni vi è stato un discreto fermento in questo campo e dopo un periodo di incertezza i risultati sono ora tali da poter sperare in un prossimo trasferimento in campo clinico e vi sono prime esperienze in tale senso(454) (455) (vedi anche quanto detto nel capitolo sulla patologia).

Per la stimolazione del sistema olfattivo possono venire usati come stimolanti olfattivi puri la vanillina, il feniletilalcool e l'H2S. Come stimolante per il sistema trigeminale si è invece rivelato ottimo, anche per la estrema maneggevolezza, il controllo preciso delle eventuali impurità ed il basso costo, il CO2(456).

 Dopo stimolazione con stimolanti olfattivi puri la massima attività corticale può essere registrata in regione temporale e parietale, dopo stimoli trigeminali al vertice(457) con prevalenza dello stimolo trigeminale su quello olfattivo(458).

 La registrazione dei potenziali olfattivi in pazienti con deficit corticali come l'epilessia temporale ha dimostrato un ritardo significativo maggiore nell'emisfero destro a stimolazione destra(459)(460).

 Anche nel normale sono state osservate attivazione differenti a stimoli trigeminali - al vertice - ed olfattivi - in sede parietale - e differenze tra il lato destro e sinistro(461).

 Dalla mucosa nasale possono essere registrati direttamente potenziali negativi, detti NMP (negative mucosal potential) in seguito a stimolazione con CO2(462) (463). Si tratta di un potenziale nocicettivo periferico sommatorio recettoriale della mucosa nasale (464) (465). Sia i NMP che i potenziali corticali mostrano un ampiezza che cresce con la concentrazione dello stimolo nocicettivo, anche se nell'uomo la relazione sembra essere pi- evidente per i NMP (466) .
 
 

Il problema medico-legale

Il problema della valutazione della funzione olfattiva in ambito medico-legale è da sempre teatro di ampie discussione e - è doveroso ammetterlo - incomprensioni.

Ne abbiamo già parlato, ma vale la pena ribadire che il considerare i sensi chimici olfatto e gusto alla stregua di "parenti poveri" dei sensi detti maggiori come la vista ed l'udito, e giudicarli di minore importanza per il benessere generale e l'integrità della persona, è palesemente erroneo. Il contenuto edonistico delle sensazioni veicolate dai sensi chimici è noto da sempre, anche se solo ora stiamo scoprendo le basi neurofisiologiche che regolano le intime connessioni tra le sensazione olfattiva e la sfera delle emozioni, dell'istinto e del comportamento in genere.

 Gli odori sono fondamentali per il benessere umano, come abbiamo potuto vedere ampiamente in questa trattazione.

 Tanto per sottolineare la fondamentale importanza di questo senso nell'uomo, ove riveste a pieno titolo un posto tra i cinque sensi e la cui funzione va tutelata e protetta, anche ai fini legali, tanto e quanto gli altri sensi.

 Stabilito che non vi sono sensi scarsamente importanti, anche ai fini legali, rimane la fondamentale scetticità del mondo giuridico nei confronti delle indagini cliniche olfattometriche. Bisogna dire che tale atteggiamento trova le sue ragioni a pari merito nelle obbiettive difficoltò di misurare i livelli olfattivi e nella spesso non adeguata cultura in campo olfattologico di chi è chiamato a esprimere giudizi peritali.

 Spesso tali indagini non sono affidate a specialisti del campo o comunque il perito incaricato tende a far eseguire esami olfattometrici generali, non finalizzati espressamente alla valutazione medico-legale e senza l'intervento di uno specialista del campo.

Come abbiamo visto gli esami si dividono in due gruppi, a risposte soggettive ed oggettive, già ampiamente discusse in questo capitolo, di ultimi la mancanza di modalità ampiamente standardizzati e di routinaria esecuzione clinica limita l'applicazione in questo campo a pochi casi eminentemente di valore di ricerca e studio.

E' costante allora la contestazione degli esami olfattometrici soggettivi in quanto ritenuti soggettivi e di facile inquinamento da parte dell'interessato con risposte anomale. Tale impostazione è ormai da ritenersi discutibile e superata, se gli esami vengono eseguiti con la dovuta precisione e cognizione dei meccanismi neurofisiologici coinvolti e precisamente tenendo presente alcuni fattori:

 -l'esame olfattometrico si basa su risposte soggettive allo stesso modo dell'esame audiometrico e la rilevazione della soglia uditiva, esami comunque regolarmente accettati in sede di dibattimento

 -l'esame deve essere eseguito con criteri di ripetitività e di selezione delle sostanze stimolanti tali da confondere il paziente, da non essere noti all'esaminatore al momento della esecuzione del test e di stimolare tutte le componenti olfattiva pura, olfattogustativa e olfattotrigeminale

 -la valutazione dell'esame deve tenere conto del diverso schema di risposte alle varie modalità sensoriali di cui sopra per giungere ad un giudizio di ragionevole certezza.

Se è possibile per l'esaminando simulare la totale assenza di sensazione olfattiva - come è agevole simulare una sordità completa all'esame audiometrico- non è tanto facile simulare una soglia discreta.

 Ripetendo gli stimoli in modo casuale e con diversi odori in sequenza anche una persona addestrata a distinguere i singoli odori non riesce a riprodurre la stessa soglia fasulla in modo preciso per pi- volte.

Per questo è essenziale che l'esame veda confrontate le diverse risposte allo stesso stimolante, che devono essere identiche su almeno tre prove, che i contenitori delle sostanze siano anonimi e che la ripetizione stessa sia ignota all'esaminando.

 E' inoltre fondamentale che tra le sostanze di stimolo vi siano alcuni capaci di stimolare solo l'olfatto ed altre atte a stimolare anche le terminazioni gustative (solo parzialmente compromesse in quanto vi è riduzione della cooperazione olfattogustativa) e trigeminali (per definizione normali se si esclude l'iposmia trasmissiva). In tal modo una mancanza totale di risposta individua con certezza il simulatore, come una presenza di risposte consistenti e ripetute permette di giudicare attendibile l'esame.

Correlazioni comportamentali e ruolo sociale

Concetti generali

Sono attualmente oggetto di interessanti studi i rapporti tra olfatto ed i disturbi del comportamento in generale(467) (468) (469) e sul comportamento legato all'accoppiamento (470) (471) (472) (473) (474) (475) (476) (477) (478) (479) (480) (481) (482) (483) (484) (485) (486) (487) (488) (489). Il sistema olfattivo mostra connessioni con l'area cribrosa anteriore, le stria olfactoria e tramite questi con il lobo limbico.

 Tale zona cerebrale è nota per essere sede regolatoria di processi subconsci, istintivi e comunque non originati "in primis" dai processi volontari, ma formanti quel substrato generale ai processi intellettivi che sono l'umore e l'istinto.

 Non meraviglia pertanto trovare l'olfatto coinvolto profondamente nella gestione dei processi vitali basilari in tutto il regno animale dagli insetti ai rettili fino a giungere ai mammiferi, come la ricerca del cibo(490) e l'accoppiamento, con ricerca del partner, delimitazione del territorio e creazione dei livelli di eccitazione opportuni, come anche il riconoscimento e la crescita della prole(491) (492).

 Le tartarughe neonate hanno per esempio un ben sviluppato sistema di imprinting olfattivo(493) (494) (495) (496).

 Il sistema olfattivo è coinvolto sia in quanto recettore per feromoni(497) (498) (499) (500) (501) (502) (503), sia nelle sue proiezioni centrali, il cui ruolo è ampiamente dimostrato(504) (505) (506) (507) (508) (509) (510) (511) (512) (513) (514) (515) (516) (517) (518) (519) (520) (521) (522) (523) (524) (525) (526).

 L'uomo stesso - che ne sia felice o no - subisce fortemente l'influsso regolatorio del sistema olfattivo: lo testimoniano non solo interessanti ed abbondanti ricerche, ma anche il fatturato delle industrie profumiere.

 Le allucinazioni olfattorie sono frequenti negli stati di coscienza alterati e generalmente si caricano con un significato edonistico accentuato.
 

Rimangono comunque ancora da indagare nell'uomo gli esatti rapporti che la via olfattiva, con il suo passaggio attraverso le zone regolatorie viscerali, stabilisce con la coscienza. Sono noti infatti i disturbi olfattivi che accompagnano i disturbi della memoria(527) (528) (529) e dell'apprendimento(530) (531) (532).

Interessanti sono poi gli studi sul valore edonistico degli odori. Per uno studio in questo campo sono stati usati test soggettivi, ma recentemente anche esperienze elettrofisiologiche hanno rivelato interessanti dati nuovi, è stata inoltre proposta di recente una combinazione tra metodi soggettivi di presentazione di stimoli olfattivi e registrazione dei potenziali olfattivi nella valutazione psicologica ed elettrofisiologica della capacità olfattiva(533).

 In campo elettrofisiologico appaiono essere correlati con il valore edonico delle sostanze olfattive i potenziali brevi chemosensorilai (CSERP-chemosensory event-related potentials) (534), quando i potenziali cognitivi P300 non mostrano una correlazione in tale senso(535).

 Dall'analisi delle diverse sostanze emergono comunque interessanti dati. Per la nicotina, per esempio, recenti esperienze hanno dimostrato una diversa valutazione nei fumatori e nei non fumatori.

 Studi fatti per analizzare il valore edonistico della percezione(536) degli stimoli dolorosi(537) ed odorosi della nicotina(538)(539)(540)(541), mostrano come l'isomero R(+) viene riferito come sgradevole sia dai fumatori che dai non fumatori, quando invece quello L(-) invece era avvertito come piacevole solo dai fumatori(542).

Da recenti dati pare che in caso di ricezione di stimoli considerati piacevoli si possa osservare un aumento delle latenze alla registrazione dei potenziali olfattivi della prima prima deflessione negativa (N1) (543) .

 I valori edonistici degli stimolanti olfattivi dipendono dalla forma molecolare e da fenomeni di memoria ed esperienza olfattiva: pare che solo pochissime sostanze, tra cui i ferormoni, sono codificate geneticamente come piacevoli.

 Oltre ad una accelerazione delle latenze delle componenti dei potenziali evocati, pare inoltre confermato un comportamento differente nei due emisferi, che suggeriscono una specializzazione dell'emisfero sinistro per le inforamzioni piacevoli, relegando l'elaborazione di quelle spiacevoli a quello destro(544).

 Rimane comunque il dato della simmetria delle onde successive (P3) tra i due lati che va interpretato prima di poter parlare di una specializzazione di lato.
 
 

Il ruolo nella riproduzione

Forse con prematuro trasporto c'è chi ha ritenuto risolto il ruolo dell'olfatto nella funzione sessuale(545), un campo in cui invece continua a svilupparsi una delle pi- interessanti frontiere della ricerca comportamentale e fisiologica.

 Come abbiamo già visto, nell'animale si pone in primo piano la funzione dell'organo vomeronasale, come dimostrano ricerche anche sui primati. Si nota infatti come femmine sottomesse tendono a non ovulare in presenza delle femmine dominanti di scimmie Marmoset, e tale comportamento appare almeno parzialmente indotto dagli odori emessi dalle femmine dominanti, come dimostrano studi di ablazione dell'organo vomeronasale(546) .

 L'azione dei ferormoni nell'uomo rimane sempre fonte di interessanti ricerche, senza che per ora sia possibile un'inquadramento complessivo(547) (548) (549) (550) (551) in campo umano.
 
 

Il ruolo nelle relazioni sociali

 L'odore della persona è come una sua immagine, una caratteristica speciale difficilmente imitabile. Del resto ogni persona crea con i propri odori corporali una quantità di messaggi infinita, che vanno dall'attrazione alla repulsione, passando per mille caratteristiche e livelli intermedi.

 Non è certo che esistano persone in grado di portare alla coscienza tutte queste informazioni tanto da usare gli odori come e pi- delle immagini visive, come viene descritto nel romanzo di Susskind(552), ma certamente tutti ne subiamo gli influssi a livello inconscio.

 Certo è invece che la ricerca di influenzare il proprio odore è vecchia come il mondo e, come abbiamo già accennato all'inizio, l'industria profumiera ne è una testimonianza tangibile.

 Si perde nella notte dei tempi la ricerca, specialmente nelle donne - ma ultimamente si dice che il maschio non sia poi da meno e stia recuperando rapidamente il tempo perso - di sostituire un odore proprio, considerato comunque sgradevole, con uno artificiale, tanto da suscitare il commento sorpreso e quasi incredulo dell'antropologo: "La donna, che cos assiduamente lava via il proprio odore biologico, procede poi a rimpiazzarlo con profumi commerciali supposti "sexy", che in realtà non sono altro che forme diluite dei prodotti delle ghiandole secretorie di altre specie, del tutte diverse, di mammiferi"(553).

 Del resto è entrato nel comune uso delle massime popolari il detto: "Mulier recte olet ubi nihil olet-La donna ha un buon profumo quando non ha nessun profumo"554, preso da una massima di Plauto nella "Mostellaria" o il "Non bene olet qui bene sempre olet - Non ha un buon profumo colui che è sempre profumato (artificialmente)" di Marziale(555).

 Questi detti vogliono sottolineare che per le donne non pi- in fiore è inutile tentare con unguenti e profumi di annullare gli effetti del tempo, mettendo sullo stesso livello bellezza e profumo.

 Che i profumi pi- che semplicemente voler rendere gradevole la convivenza umana tendano a rendere la persona sessualmente attraente - o almeno pretendano di provarci - è evidente anche a chi puritanamente non può ammetterlo, non volendo privarsi del loro uso.

 I profumi commerciali si presentano infatti spesso, se non in maggioranza, con nomi e campagne pubblicitarie che ne sottolineano una supposta efficacia come attrattivo sessuale, con nomi come "Intimate", "Le Temps d'Aimer", "Sex Appeal", "Moment Supreme", "L'Aimant", "Aphrodisia" e Pheromone"(556).

 Con buona pace del detto latino, è comunque impensabile una totale assenza di odori su un essere vivente. E aggiungiamo che se sembra poco logico all'antropologo l'uso di odori extraspecie, è senz'altro peggiore l'abuso di saponi e detergenti tra i pi- puzzolenti, spesso ingenerato da una malcapita interpretazione dei precetti igienici.

 Quante donne, temendo di emettere una fetta troppo grande dei propri odori naturali, ricorrono ad abluzioni ripetute anche due e tre volte al d, con l'utilizzo di saponi spesso assai efficaci ma altrettanto maleodoranti!

 Questa continua offesa al senso dell'olfatto - oltre che alla fisiologia e microbiologia della cute e delle mucose a loro malgrado coinvolte in tali attività tra il maniacale ed il ridicolo - è forse altrettanto grande quanto l'assenza generale di lavaggi di vario genere.

 Ciò dimostra che nulla al mondo si sottrae all'aurea regola della giusta misura. Come dice l'antico "est modus in rebus, sunt certi denique fines, / quos ultra citraque nequit consistere rectum"(557). Al che vorrei prendermi la libertà di aggiungere una variante spesso usata da un mio avo, che recitava "Tutto ha un limite e quel che è troppo basta!". Ma questa massima è forse la più disattesa nel mondo degli uomini, e non solo per quanto riguarda gli odori.

 Il desiderio di ridurre tutto a pochi dogmi e plasmare gli uomini secondo l'una o l'altra dottrina, l'intendere lo stato non come un contratto civile ma come una palestra in cui imporre agli altri le proprie convinzioni è antica come l'uomo stesso, e il rogo è sempre pronto dietro l'angolo. Anzi, quanto migliori che sono le intenzioni, maggiore la forza della propria convinzione e più grande lo slancio missionario, tanto maggiore è il pericolo di sentire l'odore del fumo della pira.

 Per fortuna che nell'umile campo della nostra trattazione si tratta solo di "puzze" e dispiaceri innocui, come una bella ragazza che al posto della propria freschezza naturale emana l'innaturale e poco esaltante odore del sapone di Marsiglia!
 
 

Effetti generali sul comportamento

La concentrazione di un odore è fondamentale per il comportamento da esso indotto. Spesso un odore viene percepito come piacevole a basse o medie concentrazioni, per poi acquisire una valenza nettamente spiacevole a concentrazioni elevate. Tipicamente il comportamento di attrazione, che l'aldeide isovalerica esercita sulle mosche, è massimo a concentrazioni di 10-5 e diventa repulsione a concentrazioni di 10-4.
 
 

Olfatto ed ambiente

Il macroambiente olfattivo

  In questa sede dobbiamo limitarci ad alcune nozioni generali in riguardo al complesso problema delle interazioni tra uomo ed ambiente per mezzo dell'olfatto.

  In natura la presenza di sostanze odorose è pervasiva e generale. Si può senza temere smentita affermare che non esiste momento della nostra vita o posto ove sostare senza che il nostro olfatto venga stimolato da questa o quella sostanza odorosa. La lista dei composti chimici capaci di dare sensazioni olfattive è infinita.
 

Tra i composti organici presenti come contaminanti nell'ambiente sono state misurate le soglie di più di 250 composti(558) . Se in origine tali sostanze potevano essere di origine sia vegetale che animale, oggi è necessario aggiungervi i composti di sintesi o comunque di origine industriale.

Ed allora notiamo subito che se ci viene chiesto di classificare gli odori del nostro ambiente, ne descriveremmo una parte di gran lunga preponderante come sgradevoli. Dalla sintesi chimica otteniamo numerevoli composti di odore gradevole, ma le sostanze emesse nell'atmosfera sono generalmente di valore sgradevole. Si pensi soltanto ai composti dello zolfo delle raffinerie e delle fabbriche chimiche in generale.
 
 

A questi si aggiungono le emissioni dovute alla combustione, sia industriale che domicilare, oltre che automobilistica. E non sempre il progresso sul fronte dell'antiinquinamento porta poi a benefici anche dell'olfatto.
 
 

Si pensi ad una cosa così diffusa come il passaggio dalla benzina con piombo tetraetile, a quella detta "verde". Tutti avremo potuto notare l'odore dolciastro emesso dalle macchine catalizzate, specialmente se la sonda lambda di cui sono dotate non è in perfette condizioni. Ebbene, questo è dovuto al fatto che la benzina "verde" al posto del piombo contiene un maggiore numero di anelli saturi derivati dal benzene, che ne aumentano il numero di ottani. Pare che nella benzina venduta in Italia tale sistema per aumentare il numero di ottani sia particolarmente incisivo.
 
 

Certo che oltre all'odore rimane da chiedersi se è pi- dannoso il piombo o l'anello benzenico, certamente cancerogeno!
 
 

Ma nel campo dell'inquinamento olfattivo siamo appena agli inizi. Oltre ai normali processi di putrefazione, che conosciamo tutti quando sui campi vengono usati prodotti del letame, emerge con sempre maggiore importanza il problema delle discariche e dello smaltimento dei rifiuti in generale.
 
 

Se il problema dell'inquinamento delle falde acquifere da parte di una discarica è a lungo dibattuto, rimane sempre al margine il problema dell'inquinamento odoroso, spesso trattato come non influente o dimenticato dalle stesse associazioni di difesa dei cittadini e dagli ecologisti.
 
 

Ritengo che nei prossimi anni, sostenuti dalla crescente consapevolezza della magistratura delle nuove tecniche di indagine olfattiva, assisteremo obbligatoriamente ad un ondata di contenzioso innescata proprio da questa negligenza.
 
 

L'inquinamento olfattivo non metterà in pericolo direttamente la vita delle persone, ma ne riduce sensibilmente la qualità di vita, producendo danni anche economici a causa della perdita di valore dei terreni. E quuesto è un problema che va certamente affrontato scientificamente, evitando di lasciarlo nelle mani da un lato, ad interessi economici selvaggi, dall'altra ad associazioni di difesa non sempre così puri come vorrebbero sembrare ma perno di interessi politici precisi e spesso occulti e comunque sia sempre ad organismi di scarsa conoscenza tecnica.
 
 
 
 

il microambiente olfattivo

 

 

  L'insieme del mondo degli odori che così si viene a costituire intorno a noi interagisce poi con la persona. Una somma di odori vegetali, animali, inorganici e artificiali vengono a sommarsi con quel che è il normale patrimonio odoroso della persona. Anche se pare di dire cose ovvie, pochi si sono chiesti l'evoluzione nel tempo degli odori specifici della persona. Si possono costruire cicli corti e lunghi, tanto da vedere anche una certa ritmicità biologica.
 
 

Passiamo cos dalla "curva odorosa" a ciclo breve, come è per esempio costituito dalla evoluzione nel tempo degli odori corporei immediati, come il sudore, l'alito, a curve a ciclo lungho, come il cambiamento del patrimonio odoroso durante la vita, la differenza tra giovane e vecchio e tra donna e uomo.

Senza ricorrere a messaggeri specifici come i ferormoni, anche nell'uomo normalmente esistono differenze negli odori corporei tra le persone. La composizione del sudore, la sua acidità e la esposizione all'aria o al contrario il relagare la parte corporea in zone coperte, con accumulo di umidità crea un ventaglio sempre nuovo e specifico di odori.
 
 

Abbiamo già citato il libro di Susskind, che affronta a livello letterario il problema, ed è sorprendente quanto poco sappiamo di tutto questo a tutt'oggi.
 
 

Su questo spettro odoroso si inserisce poi nel nostro microambiente personale l'uso dei profumi. Ne abbiamo accennato alle origini storiche ed essi meritano una trattazione approfondita che per motivi di tempo e spazio deve essere rimandata ad altra sede, ma possiamo comunque già vedere come tali sostanze vengono ad interferire ed interagire con il micorambiente odoroso cutaneo.
 
 

I profumi sono generalmente di estrazione vegetale, a volte animale, raramente sintetici. I meccanismi di estrazione e purificazione sono i pi- svariati, il piu'- usato comunque rimane l'estratto alcoolico, il che è importante poi per l'uso. La presenza di un veicolo alcoolico permette infatti ad una sostanza di distribuirsi sia nel comparto acquoso che in parte in quello lipidico.
 
 

Si possono pertanto preparare miscele di vario genere, anche utilizzando sostanze altrimenti non solubili. Inoltre la presenza di un solvente volatile permetterà il passaggio dell'estratto, specialmente se lipofilo, di passare direttamente ai lipidi cutanei e distribuirvisi, permanendo anche dopo la evaporazione dell'alcool.
 
 

In questo modo si avranno indici di rilascio relaticvamente bassi con persistenza prolungata del profumo. Allo stesso modo il profumo potrà però anche entrare in una più profonda relazione chimica con i lipidi cutanei e subire le variazioni del pH della cute.
 
 

Il grado di umidità, l'acidità e la presenza di lipidi sulla cute sono fattori essenziali per questa interazione. Ma entrano anche altri fattori, come la presenza di materiale proteico di desquamazione e la composizione precisa dei lipidi.
 
 

Ogni donna sa con perfetto senso empirico che un profumo fa saggiato dopo essere stato apposto sulla cute e dopo che gli sia stato permesso di raggiungere uno stato di equilibrio con l'aria, per essere giudicato. A volte lo stesso profumo che su di lei è gradevole risulta orribile su un'altra.

Se la cute è il pi- grande organo dell'uomo, è anche il più "sociale", in quanto costituisce non solo la massima parte visibile, ma anche odorabile, e gran parte delle fini interazioni tra l'estratto alcoolico del profumo e la miscela lipidico-proteica che copre la cute ci sfuggono.
 
 

Concludiamo questa breve nota con l'augurio di poterne approfondire maggiormente gli risvolti, sia medici che tecnici profumieri, sociali e comportamentali.
 
 

E se l'odore è in fondo una via verso gli archetipi dell'Io, vale nbene riportare le parole di un grande studioso di questi problemi: "Nell'Io dell'esperienza metafisica si fondono le varie persone, come le chiama il "Vedanta", quella che vede, quella che ode, quella che fiuta, quella che ricorda e quella che immagina: tutte quante si unificano in un io che le abbraccia e comprende indistintamente. Per denotarlo poco importa quale metafora si usi; si può concepire il raccogliersi in se stessi oppure come effondersi in un oggetto: paesaggio, ritmo, aroma"(559).

Dove, se non nel mondo degli odori, il microambiente dell'Io tende a confondersi cos egregiamente con il macroambiente costituito dalla totalità dell'Essere, dove se non qui l'uomo si avvicina a quella fusione nella totalità ove ogni piccola azione è parte essenziale ed integrante di un sistema maggiore e "intelligente"!
 
 

Gli odori sono come gli pseudopodi del mondo che inviluppano l'Io, ma questa entità individuata non ne è solo ricevente, ma a sua volta emana altrettanti pseudopodi che a loro volta si intrecciano con quelli venuti dall'esterno, anzi, vanno a crearne proprio loro l'intima essenza.
 
 

Conclusioni

 

 
 
 
 
 

Volgiamo cos alla conclusione dell' "immane fatica", certo maggiore per chi legge che per chi ha avuto il piacere e, ammettiamolo, divertimento, di scrivere questo "liberculum balsamicum[PGB4]". Dopo un breve squardo sulla nascita del senso dell'olfatto nella filogenesi e nel suo funzionamento attraverso le maggiori specie animali fino a giungere al genere umano, ci siamo addentrati nel suo significato e, mi si permetta, nella sua potenza nella vita dell'uomo. Ricordiamo le parole che usa colui che trovandosi fuori dal suo paese natale ne desidera evocare l'immagine della totalità, l'essenza: "Sentite l'odore del nostro paese"(560) e già ci pare sentire il profumo dei limoni e del sole.

Poco ci rimane da aggiungere senza tediare inutilmente il già provato lettore, se non l'invito a vivere d'ora in poi con pi- attenzione gli odori che ci circondano, guardando questo senso dell'olfatto con pi- rispetto, fors'anche con un pizzico di salutare diffidenza, ma soprattutto vedendolo come un grande amico della vita, cos enigmatico e sempre pieno di mistero, ma anche pieno di fascino e guida verso eletti piaceri. Chi poi, infettato dal nefasto virus della curiosità, rimanga pieno di dubbi e domande, potrà rivolgersi ai ben pi- autorevoli testi citati in bibliografia, traendone alcune certamente, ma non tutte, risposte.


Figure

(non pubblicate sulla rete, si prega vedere la fonte)

Fig.1: "Sensillum Basiconicum"

 [da Chapman, op.cit]
 
 

Fig.2: "Sensillum Coeloconicum"

 [da Chapman, op.cit]
 
 

Fig.3: Placca Olfattoria

 [da Chapman, op.cit]
 
 

Fig.4: Alveolo sensoriale dell'antenna degli insetti

 [da Chapman, op.cit]
 
 

Fig.5: Bulbo olfattorio

 [da Carpenter, op.cit]
 
 

6: Strutture olfattorie viste dalla faccia inferiore del cervello

 [da Carpenter, op cit]
 
 

7: Collegamenti dei bulbi olfattivi

 [da Carpenter, op.cit.]
 
 

Fig.8: Anatomia delle fosse nasali: visione laterale

 [da Wigand, Fig 2.27, op cit]
 
 

Fig.9: Anatomia della fossa nasale: fessure olfattive

 [da Wigand, Fig 2.19, op.cit]
 
 

10: Flusso dell'aria nelle cavità nasali

 [da Stammberger, op.cit.]
 
 


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